I recenti fatti avvenuti in Nigeria,
collegati ad altri avvenimenti, drammi e tragedie, più o meno
lontani, ci inducono a soffermarci sul tema della sicurezza degli
italiani che si trovano nella necessità di andare a lavorare
all'estero, in zone spesso pericolose. Anche se ne veniamo a
conoscenza ogni tanto, pensandoci bene, il panorama di queste figure
professionali è molto vario. Giornalisti, insegnanti, tecnici,
ingegneri, volontari, ecc. Per non parlare dei militari, ma qui la
soluzione è più semplice: farli tornare tutti a casa anche se per
molti di loro questa è l'occasione di guadagnare ciò che in Italia
sarebbe arduo racimolare e quindi di dare una svolta alla vita delle
loro famiglie, potendosi comprare una casa o organizzare una attività
nella futura vita civile.
Abbiamo notato che l'argomento è molto
usato nella polemica politica ciò non dovrebbe far dimenticare le
responsabilità delle Aziende private in questa questione. Seppur
malandata e con le pezze al sedere, non dimentichiamo infatti che
l'Italia è storicamente una tra le ex potenze coloniali, che ciò ha
creato risentimento negli anni nei nostri confronti. Inoltre esistono
multinazionali italiane che si comportano in certi paesi come le
peggiori entità imperialiste e neo coloniali, anche se questo
argomento è tra quelli sgradevoli e quindi poco presenti nelle
inchieste giornalistiche. Mentre i dirigenti di queste multinazionali
sono super protetti, è netta la sensazione che il resto del
personale sia mandato allo sbaraglio e periodicamente (mal comune
mezzo gaudio?) accade che qualcuno di loro, al pari di colleghi di
altri paesi occidentali, finisca nelle grinfie di spietati gruppi
terroristici .Stante quanto sopra, sarebbe quindi arrivata l'ora che
non tanto noi che abbiamo solo possibilità di denuncia ma
soprattutto Parlamento e partiti adottino tutte quelle misure tali da
obbligare queste aziende italiane a farsi carico, anche con
investimenti privati, della sicurezza dei nostri lavoratori. Meglio
prevenire i guai che farneticare poi, quando la frittata è fatta,
sull'utilità di blitz e teste di cuoio, che le tragiche esperienze
fallimentari realizzate da paesi meglio attrezzati militarmente di
noi ci avvertono essere tecnicamente poco fattibili, data il contesto
ambientale e la concezione della vita umana propria di quei
terroristi. E' giusto dunque che di sicurezza sul lavoro all'estero
si cominci a parlare anche in queste occasioni. D'altra parte
criticare il governo anche su queste questioni è come sparare sulla
croce rossa. Politicamente, all'estero, siamo da anni delle nullità
(qualsiasi sia lo schieramento che abbia formato le compagini) e di
conseguenza i margini di sicurezza dei nostri connazionali che
lavorano all'estero in zone difficili sono ridotte al lumicino. E
quando si è tentato qualcosa di più (l'intervento della Marina e
dei Marò per combattere la pirateria oppure l'intervento dei servizi
in situazioni in cui svolgevano un ruolo potenze addirittura nostre
alleate) si è poi visto cosa siamo riusciti a combinare.