Confederazione Sindacale A.G.L. Alleanza Generale del Lavoro

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domenica 10 marzo 2013

SICUREZZA DEI LAVORATORI ITALIANI ALL'ESTERO: OPERATO DI GOVERNO E AZIENDE GRAVEMENTE INSUFFICIENTE

I recenti fatti avvenuti in Nigeria, collegati ad altri avvenimenti, drammi e tragedie, più o meno lontani, ci inducono a soffermarci sul tema della sicurezza degli italiani che si trovano nella necessità di andare a lavorare all'estero, in zone spesso pericolose. Anche se ne veniamo a conoscenza ogni tanto, pensandoci bene, il panorama di queste figure professionali è molto vario. Giornalisti, insegnanti, tecnici, ingegneri, volontari, ecc. Per non parlare dei militari, ma qui la soluzione è più semplice: farli tornare tutti a casa anche se per molti di loro questa è l'occasione di guadagnare ciò che in Italia sarebbe arduo racimolare e quindi di dare una svolta alla vita delle loro famiglie, potendosi comprare una casa o organizzare una attività nella futura vita civile.
Abbiamo notato che l'argomento è molto usato nella polemica politica ciò non dovrebbe far dimenticare le responsabilità delle Aziende private in questa questione. Seppur malandata e con le pezze al sedere, non dimentichiamo infatti che l'Italia è storicamente una tra le ex potenze coloniali, che ciò ha creato risentimento negli anni nei nostri confronti. Inoltre esistono multinazionali italiane che si comportano in certi paesi come le peggiori entità imperialiste e neo coloniali, anche se questo argomento è tra quelli sgradevoli e quindi poco presenti nelle inchieste giornalistiche. Mentre i dirigenti di queste multinazionali sono super protetti, è netta la sensazione che il resto del personale sia mandato allo sbaraglio e periodicamente (mal comune mezzo gaudio?) accade che qualcuno di loro, al pari di colleghi di altri paesi occidentali, finisca nelle grinfie di spietati gruppi terroristici .Stante quanto sopra, sarebbe quindi arrivata l'ora che non tanto noi che abbiamo solo possibilità di denuncia ma soprattutto Parlamento e partiti adottino tutte quelle misure tali da obbligare queste aziende italiane a farsi carico, anche con investimenti privati, della sicurezza dei nostri lavoratori. Meglio prevenire i guai che farneticare poi, quando la frittata è fatta, sull'utilità di blitz e teste di cuoio, che le tragiche esperienze fallimentari realizzate da paesi meglio attrezzati militarmente di noi ci avvertono essere tecnicamente poco fattibili, data il contesto ambientale e la concezione della vita umana propria di quei terroristi. E' giusto dunque che di sicurezza sul lavoro all'estero si cominci a parlare anche in queste occasioni. D'altra parte criticare il governo anche su queste questioni è come sparare sulla croce rossa. Politicamente, all'estero, siamo da anni delle nullità (qualsiasi sia lo schieramento che abbia formato le compagini) e di conseguenza i margini di sicurezza dei nostri connazionali che lavorano all'estero in zone difficili sono ridotte al lumicino. E quando si è tentato qualcosa di più (l'intervento della Marina e dei Marò per combattere la pirateria oppure l'intervento dei servizi in situazioni in cui svolgevano un ruolo potenze addirittura nostre alleate) si è poi visto cosa siamo riusciti a combinare.