Confederazione Sindacale A.G.L. Alleanza Generale del Lavoro

Confederazione Sindacale A.G.L. Alleanza Generale del Lavoro
(confederazione sindacale dei lavoratori) codice fiscale: 97624870156; atto costitutivo (e statuto) registrato presso l'Agenzia delle Entrate, DP I MILANO-UT di Milano 1, in data 04/06/2012, serie 3, n.7107- sede naz.le:Via Antonio Fogazzaro 1, sc.sin. 3° piano, 20135 Milano, tel.3349091761, fax +39/1782736932, Whatsapp 3455242051, e-mail agl.alleanzageneraledellavoro@gmail.com ; e-mail certificata: alleanzageneraledellavoro@pec.it

martedì 17 dicembre 2013

ALCOM-AGL (Lavoratori delle Comunicazioni) : MOBILITIAMOCI CONTRO IL TENTATIVO DI INTRODURRE LA WEB-TAX. DIFENDIAMO LA LIBERTA' E IL NOSTRO FUTURO!

L'ALCOM-AGL (Federazione dei lavoratori delle Comunicazioni) si schiera contro chi , nel governo e nel parlamento, sta tentando di introdurre la follia della Web-Tax. Si tratterebbe di un provvedimento gravissimo che inciderebbe in maniera letale sulle libertà e sulle possibilità di sviluppo del nostro Paese.
Riportiamo di seguito, per una completa illustrazione della complessa questione, un post tratto da http://www.byoblu.com a firma di Claudio Messora.

"""""""""Chiunque abbia fatto una guerra (e sia sopravvissuto), vi dirà che i conflitti sono i più grandi ascensori sociali. Chi era su finisce giù, e viceversa. Così è internet. Immaginate il mondo là fuori come una grande ragnatela di interessi e di equilibri: appena qualcosa si muove grossi aracnidi monopolisti, specializzati nel presidio di migliaia di filamenti, con i loro tentacoli chitinosi capaci di percepire impercettibili vibrazioni, avvolgono in un bozzolo vischioso ogni più piccolo tentativo di innovazione. Sono le lobby dell’informazione, dell’editoria, del commercio, immersi nei loro enormi gangli di potere che non sono disposti a cedere. Poco importa che così facendo paralizzino la società: l’importante è che i loro grossi ventri molli restino pingui e ben pasciuti. Poi arriva la rete, quella digitale. Informazioni, beni e servizi iniziano a transitare per vie impossibili da presidiare. Sono fatti di idee, sono comunicazione allo stato puro: nessuna barriera fisica li può fermare. Dove il mondo precedente era fatto di grandi pachidermi, di frontiere, di dazi, di proibizionismo, di censura e di poteri centrali, quello nuovo è agile come un esercito di acrobati, non ha confini se non quelli dell’immaginazione, è libero come le ali della fantasia, è impossibile da costringere in un pensiero unico ed è dominato da multiformi, cangianti concentrazioni di energie individuali, che si concentrano a realizzare un obiettivo e poi si disperdono facendo perdere ogni traccia di sé. Chiunque può costruire un ponte tra se stesso e gli altri, in una dimensione parallela rispetto a quella popolata da feroci sentinelle poste a guardia di privilegi indebiti, e farvi transitare idee originali e di successo che viaggiano alla velocità del pensiero, trasportando opportunità e trasformandole in economie reali. Internet è un ascensore sociale di incredibile potenza. Per questo va abbattuto. Così è iniziata la lunga e triste storia degli attacchi alla rete. L’Italia è all’avanguardia: è la Cina dell’ovest, con l’aggravante che è molto più oscurantista e medioevale. Nonostante studi approfonditi della Banca Mondiale, di Google, dell’Oecd, del Boston Consulting Group e di Confindustria Digitale dimostrino inequivocabilmente che una buona infrastruttura digitale consentirebbe di risparmiare non meno di 40 miliardi l’anno (con soli 10 miliardi di investimenti iniziali, secondo calcoli di Alcatel-Lucent confermati da consorterie cinesi), che a una crescita della penetrazione della banda larga tra il 13% e il 18% corrisponderebbero incrementi di Pil compresi tra il 3,3% e il 4,3% (di cui il 75% a vantaggio dell’industria tradizionale), e nonostante il McKinsey Global Institute dimostri che internet crea più posti di lavoro di quanti ne distrugge, il nostro Paese è tra gli ultimi per la qualità delle sue infrastrutture digitali, per il numero di cittadini connessi alla rete così come per la velocità di download (93°, dopo le Fiji) e di upload (143°, dopo il classico Trinidad e Tobago). La politica, essendo espressione delle lobby dell’editoria televisiva e temendo la diffusione di contenuti multimediali concorrenti non meno della diffusione della conoscenza e dell’informazione libera, ha non solo disincentivato nel passato l’evoluzione digitale della nostra economia, ma la ha proprio decisamente ostacolata grazie al non adeguamento delle normative e alla continua minaccia, spesso ma non sempre disinnescata grazie alla mobilitazione di blog e associazioni, di atti legislativi ostili. (vedi: “A cosa serve internet“).
Chi si illudeva che un governo di centro-sinistra, apparentemente “progressista”, avrebbe potuto invertire questa tendenza dando seguito alle direttive sull’adeguamento delle infrastrutture digitali emanate dall’Unione Europea (che fa testo solo quando impone austerity e tagli alla spesa pubblica), è oggi costretto a scendere dal proverbiale pero e constatare che contro la Rete poté di più il Partito Democratico che 20 anni di Forza Italia e Popolo delle Libertà messe insieme. Quello che il partito del rottamatore di Arcore è riuscito a fare in pochi mesi di legislatura contro le libertà digitali ha dell’incredibile. Vogliono gli Stati Uniti d’Europa, sono disposti a cedere qualunque tipo di sovranità pur di ottenerla, si stracciano le vesti quando un economista parla di una riappropriazione del sistema monetario o dell’imposizione di dazi verso i Brics, ma quando si tratta di internet sono più protezionisti di Ficthe e di List messi insieme. La Commissione Bilancio alla Camera ha approvato un emendamento di Edoardo Fanucci (Pd) alla Legge di Stabilità, sostenuto dal presidente della Commissione Francesco Boccia (Pd), che istituisce la cosiddetta Web Tax. Recita così: «i soggetti passivi che intendano acquistare servizi online, sia come commercio elettronico diretto che indiretto, anche attraverso centri media ed operatori terzi, sono obbligati ad acquistarli da soggetti titolari di una partita Iva italiana». Cosa significa? Che d’ora in poi non potremo più acquistare merce o software o servizi di qualunque tipo da siti che non abbiano aperto una partita Iva italiana. Quello che non esiste da nessun’altra parte in Europa, da noi sta per diventare realtà. Da Amazon a Google a qualunque altra impresa anche piccola, magari operante dall’altra parte del globo: saremo tagliati fuori da tutto, perché è evidente che il servizio che sarà disponibile agli altri cittadini europei, fornito magari da una piccola società del Michigan, a noi sarà precluso, essendo nei fatti impossibile dall’estero espletare tutte le pratiche previste dalla burocrazia italiana per sobbarcarsi l’onere di una posizione fiscale nel Paese più tartassato e oberato di scartoffie amministrative del mondo civilizzato. Ed è ipotizzabile che anche i giganti del web, che trovano nell’Italia un mercato del tutto marginale, possano abbandonarlo a se stesso per concentrarsi su territori meno oscurantisti e più redditizi. Vero è che oggi i colossi digitali fatturano nei paesi fiscalmente più convenienti, come l’Irlanda, ma nell’era dell’integrazione politica a tutti i costi, vuoi vedere che l’unica soluzione che non si può trovare a livello comunitario è quella di un riequilibrio delle politiche fiscali? Ci crede così poco, Letta, all’Unione Europa alla quale sacrifica ogni politica nazionale diversa da quella digitale?
Ma la scure della Santa Inquisizione democratica non si ferma. Nel Consiglio dei Ministri di venerdì scorso, il proverbiale “venerdì 13”, il governo delle ex larghe intese (“Tesoro, mi si sono ristrette le intese”) ha varato un decreto che sferza un altro micidiale colpo sui motori di ricerca e sulla stessa libertà di informazione. Sotto evidente dettatura delle morenti lobby dell’editoria cartacea, viene incredibilmente sancito che prima di “linkare, indicizzare, embeddare, aggregare” un contenuto giornalistico è necessario chiedere il permesso all’editore. Avete capito bene: la fine dei provider di ricerca che indicizzano le ultime notizie per poi rimandarvi eventualmente alla fonte (viene in mente Google News). Ora dovranno stringere accordi preventivi con gli editori, che si possono immaginare economicamente svantaggiosi. Ma se quel “linkare ed embeddare” evoca sinistri presagi che aleggiano sui blog, i quali si ritroveranno a domandarsi se possono ancora inserire collegamenti ipertestuali agli articoli dei giornali, o citarne stralci, senza dover essere costretti a firmare improbabili contratti con Rcs o con il Gruppo Editoriale l’Espresso, quell’”aggregare” evoca scenari esilaranti nei quali potrebbero diventare illegali in un colpo solo tutti i feed reader privi di autorizzazione e trasformare i vostri pc in tante pericolose rotative clandestine. Un ennesimo regalo all’editoria e un inesplicabile duro colpo allo sviluppo della cultura della circolazione delle informazioni, attuato per decreto e ancora una volta senza il coinvolgimento del dibattito parlamentare.
E senza alcun dibattito parlamentare si è consumato una vero e proprio sopruso, un atto autoritario, antidemocratico e probabilmente anche incostituzionale, perpetrato dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, che il 12 dicembre ha varato una delibera che non ha precedenti altrove nel mondo e che consegna la libertà di pensiero al suo antagonista storico, l’insieme dei gruppi di pressione che tutelano il copyright, eliminando con un colpo di spugna l’attribuzione del potere giudiziario ai magistrati e conferendolo agli avvocati delle lobby, i quali in presenza (a loro insindacabile giudizio) di “un’opera, o parti di essa, di carattere sonoro, audiovisivo, fotografico, videoludico, editoriale e letterario, inclusi i programmi applicativi e i sistemi operativi per elaboratore, tutelata dalla Legge sul diritto d’autore e diffusa su reti di comunicazione elettronica”, potranno segnalarla all’Agcom che nel giro di pochi giorni potrà ordinare agli internet provider di oscurarla o rimuoverla. Per chi si illudeva che anche il nostro Paese, un giorno, avrebbe visto la nascita di un principio sacrosanto come quello del Fair Use, in vigore altrove, che consente ai cittadini di diffondere stralci di opere protette dal diritto di autore al fine di realizzare un dibattito o di stimolare una discussione attinente, la delibera Agcom appena emanata rappresenta la fine di ogni speranza. Tutto, qualunque contenuto presente in rete, secondo le definizioni di cui sopra, potrà essere oggetto di rivendicazione da parte degli editori. Un video su internet che contiene alcuni spezzoni di un telegiornale o di un servizio giornalistico, una foto pubblicata su un blog, anche se modificata in senso umoristico, magari elaborata a comporre un fotomontaggio, uno stralcio di articolo tratto da un giornale, l’audio del saggio di pianoforte di vostra figlia nel quale l’editore dello spartito riconosce l’uso della diteggiatura da lui depositata, tutto potrà risultare in una segnalazione effettuata all’Agcom che potrà ordinare al vostro hosting provider, o magari a YouTube, di cancellare il vostro blog in tutto o in parte, così come il vostro video. E poiché il provider o il fornitore di servizi di condivisione che nel volgere di pochissimi giorni non dovesse ottemperare, si troverebbe a pagare una sanzione che può arrivare fino a 250mila euro, si può tranquillamente puntare sul rosso e scommettere sul fatto che le segnalazioni inoltrate dall’Agcom verranno immediatamente tradotte nella rimozione dei contenuti controversi, e magari nell’oscuramento di tutto il sito. Interi blog di informazione, pieni di citazioni, di clip multimediali e di composizioni fotografiche, potrebbero scomparire dal 1 di aprile, data di entrata in vigore della normativa. Scavalcando a volo d’uccello l’unico potere che secondo la Costituzione può limitare la libertà di espressione: la magistratura. E purtroppo non si tratterà di un pesce d’aprile. Ed è notizia dell’ultima ora che, in un documento confidenziale inviato al Governo italiano nientemeno che dal vicepresidente della Commissione Europea Maros Sefcovic, Commissario alle relazioni istituzionali, si chiede alle autorità italiane di chiarire in che modo intendono garantire la protezione dei diritti fondamentali dei cittadini nell’applicazione del regolamento Agcom. (vedi: “Il web ha un mese e mezzo di vita“).
Come se non bastasse, sempre nell’ottica di agevolare lo sviluppo delle nuove tecnologie e la diffusione della cultura digitale, il decreto del Consiglio dei Ministri di venerdì scorso ha escluso l’editoria elettronica (i produttori di ebook) dalle incentivazioni per l’editoria. E ha già annunciato che la settimana prossima varerà un nuovo decreto che imporrà balzelli sugli smartphone, sui tablet e sui pc, per un ammontare complessivo che nel 2014 assommerà a cento milioni di euro. Anziché spingere l’Italia e gli italiani verso la modernità, nel doveroso tentativo di mettersi perlomeno in scia con il progresso tecnologico che sostiene i popoli degli altri paesi del mondo nella loro domanda di competitività, il “progressista” Enrico Letta assesta con il suo Governo i colpi più devastanti che la storia degli attacchi alla Rete in Italia ricordi, caratterizzandosi come uno degli alfieri delle lobby più cinico e spietato, e come uno dei nemici della conoscenza distribuita, dell’innovazione e della mobilità sociale che le nuove tecnologie consentono, più ostile e oscurantista. Quanto costerà tutto questo alla nostra economia, in termini di ritardo nello sviluppo e dunque in termini di ulteriore perdita di produttività, purtroppo, lo scopriranno ancora una volta i nostri figli.CLAUDIO MESSORA, 17/12/2013"""""""""

mercoledì 4 dicembre 2013

7 LAVORATORI CINESI MORTI: I MAGISTRATI: “4 INDAGATI CINESI,PER ORA, MA LE INDAGINI POTREBBERO ALLARGARSI AD ALTRI SOGGETTI...”. SPERIAMO!

                                                  (foto da www.ansa.it)

GIOVANNINI (Ministro del Lavoro): "MAI PIU' SIMILI EPISODI" -"Simili episodi non possono e non debbono ripetersi". Lo ha detto oggi il ministro del Lavoro Enrico Giovannini, rifererendo alla Camera sulla strage di Prato . Purtroppo è un'ulteriore dimostrazione delle conseguenze di condotte volte a negare tutele legali ai lavoratori". "Non si può abbassare la guardia nell'opera di prevenzione e controllo sulla normativa di settore". A Prato, ha aggiunto il ministro, che è "un importante distretto tessile", risulta difficile "l'operazione di controllo e prevenzione". Giovannini ha poi spiegato che c'è una "programmazione a cadenza settimanale di interventi mirati e coordinati con gruppo interforze". Resta comunque una "condizione di insostenibile e illegale sfruttamento". 

29 NOVEMBRE 2013: ECCO QUANTO AVEVA APPENA RESO NOTO IL MINISTERO DEL LAVORO (NON SI CAPISCE BENE RELATIVAMENTE A QUALE PIANETA) :

“Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali
Ufficio Stampa

Lavoro, irregolari metà delle aziende ispezionate, in aumento lavoro nero, finte collaborazioni e partite IVA

Lavoro irregolare sotto la lente degli ispettori. Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali comunica i risultati del l'attività di vigilanza sulla mancata applicazione delle norme previdenziali e della prevenzione e sicurezza del lavoro.
Nel periodo gennaio-settembre 2013 sono state ispezionate 101.912 aziende, in lieve aumento (0,1%) rispetto allo stesso periodo nell'anno precedente; in 56.003 aziende, pari al 55% di quelle controllate, sono stare riscontrate delle irregolarità. La costanza del numero delle aziende ispezionate scaturisce da una specifica strategia del Ministero, mirata a concentrare le verifiche verso obiettivi significativi in relazione a fenomeni irregolari di rilevanza sociale: lavoro nero, tutela dei minori, sfruttamento extracomunitari clandestini, elusione contributiva e sicurezza sul lavoro.
Le ispezioni hanno consentito di verificare 202.379 posizioni lavorative (in diminuzione del 29,3% rispetto a gennaio-settembre 2012) con l'individuazione di 91.109 lavoratori irregolari, di cui 32.548 totalmente in nero (pari al 36% dei lavoratori irregolari, con un aumento di 5 punti percentuali rispetto allo scorso anno). In 439 casi è stata riscontrata una violazione penale per impiego di lavoratori minori, mentre è stato individuato l'impiego di 816 lavoratori extracomunitari clandestini, circa il 2,5% dei lavoratori in nero, in lieve diminuzione rispetto allo stesso periodo del 2012.
Il lavoro irregolare è diffuso in tutti i settori di attività economica, tuttavia la quota del lavoro nero si annida maggiormente in agricoltura (58% degli irregolari) e nell'edilizia (43%).
Tutti gli altri fenomeni, quali ad esempio appalti illeciti, l'uso non corretto del contratto di somministrazione (7.548 numero di lavoratori coinvolti) e le violazioni della disciplina in materia di orario di lavoro (10.082 lavoratori) subiscono una decisa riduzione.
Violazioni rispetto alle norme di prevenzione e sicurezza del lavoro sono state riscontrate in 24.316 aziende, pari al 25,8% delle aziende ispezionate, con una diminuzione di 5 punti percentuali rispetto allo stesso periodo del 2012.
Infine, nonostante gli irrigidimenti previsti dalla legge 92 del 2012, si riscontra un aumento del le "riqualificazioni" dei rapporti di lavoro, che avvengono nel caso in cui l'ispettore giudica diversamente un rapporto di lavoro, sia dipendente sia autonomo, come nel caso delle collaborazioni a progetto non genuine e delle false partite Iva. Le riqualificazioni nel periodo gennaio-settembre 2013 sono complessivamente 14.520, corrispondenti a circa il 26% dei lavoratori irregolari, con un aumento di 6 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.
Dal punto di vista finanziario, le sanzioni per le irregolarità riscontrate ammontano complessivamente a 78,1 milioni di euro, con una diminuzione di circa 13 milioni di euro (-14,2%) rispetto all'anno precedente.
Si allega la tabella dei dati
Roma 29 novembre 2013”


Domanda: visto che sono scattate le indagini, gradiremmo sapere nome e cognome di chi sapeva e non ha adempiuto ai suoi doveri di ufficio. E di chi, dall'alto, o non ha controllato se determinate attività ispettive venivano svolte con la dovuta incisività o si è adoperato, dati i rilevanti interessi economici italiani alla presenza di queste realtà apparentemente solo cinesi, affinchè veri controlli non venissero fatti.
E poi: in Italia gira la voce che quando viene denunciato qualcosa che non va nei luoghi di lavoro è vero che le ispezioni vengono disposte ma molte volte avvisando, da parte di funzionari e dirigenti pubblici infedeli, i datori di lavoro interessati con congruo anticipo in modo che possano salvarsi.
Domandiamo alle Forze dell'Ordine e alla Magistratura: sono mai state fatte indagini e intercettazioni sulla reale consistenza di questo fenomeno? E se si trattasse di una pratica corrente, in quali reali condizioni di sicurezza opererebbero milioni di lavoratori italiani e stranieri?
Se questi sono i risultati dell'attività di vigilanza non sarebbe meglio che le relative funzioni venissero tolte a chi non le sa esercitare da decenni e, nell'ambito di una spending review, fossero affidate a soggetti più seri, ad esempio alle Forze dell'Ordine, direttamente? Chiudendo rami della Pubblica Amministrazione che da anni dimostrano di non servire a nulla (ovviamente salvaguardando il posto di lavoro solo per coloro che fino ad oggi vi hanno lavorato seriamente)?
E infine non sappiamo se chi di dovere in Italia riuscirà a perseguire gli eventuali responsabili nostri connazionali di questa sciagura ma se ciò avvenisse ci piacerebbe che venissero, per scontare la pena, affidati , per una volta, alle Autorità Cinesi......

AGL



martedì 3 dicembre 2013

COOPERATIVE: IL MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO DECRETA LA FINE DELL'UNCI E DEL FONDO MUTUALISTICO PROMOCOOP

pubblicato sulla gazzetta ufficiale n.275 del 23 nov.2013

IL MINISTRO DELLO SVILUPPO ECONOMICO 

  Visto l'articolo 45, comma 1, della Costituzione; 
  Visto il decreto legislativo del Capo provvisorio  dello  Stato  14
dicembre 1947, n. 1577; 
  Visto il decreto del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale
18 luglio 1975, pubblicato  per  estratto  nella  Gazzetta 

 Ufficiale
della Repubblica italiana n. 211 dell'8 agosto  1975,  con  il  quale
l'Unione  nazionale  cooperative   italiane   (U.N.C.I.)   e'   stata
riconosciuta   quale   associazione   nazionale   di   rappresentanza
assistenza e tutela del movimento cooperativo, ai  sensi  e  per  gli
effetti degli articoli  4  e  5  del  decreto  legislativo  del  Capo
provvisorio dello Stato n. 1577 del 1947,  e  ne  e'  stato  altresi'
approvato il relativo statuto; 
  Visti gli articoli 27 e 28 del decreto legislativo 30 luglio  1999,
n. 300 recante la riforma dell'organizzazione del  Governo,  a  norma
dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59,  con  i  quali  si
attribuiscono al Ministero delle attivita' produttive le funzioni  ed
i compiti gia'  di  competenza  del  Ministero  del  lavoro  e  della
previdenza sociale in materia di cooperazione; 
  Visto il decreto-legge 18  maggio  2006,  n.  181,  convertito  con
modificazioni dalla legge 17 luglio 2006, n. 233, ed  in  particolare
l'articolo 1,  comma  12,  il  quale  dispone  che  la  denominazione
«Ministero dello sviluppo economico» sostituisce, ad ogni  effetto  e
ovunque  presente,  la  denominazione  «Ministero   delle   attivita'
produttive»  in  relazione  alle  funzioni  gia'  conferite  a   tale
Dicastero; 
  Visto l'articolo 1 del decreto del Presidente della  Repubblica  10
febbraio 2000, n. 361,  recante  norme  per  la  semplificazione  dei
procedimenti di riconoscimento di persone  giuridiche  private  e  di
approvazione delle modifiche dell'atto costitutivo e dello statuto; 
  Visto l'articolo 3 del decreto legislativo 2 agosto 2002, n. 220 ed
in particolare il comma 7, in  forza  del  quale  il  Ministro  delle
attivita'   produttive   puo'   revocare   il   riconoscimento   alle
Associazioni  nazionali  che  non  sono   in   grado   di   assolvere
efficacemente le proprie funzioni di vigilanza sugli enti cooperativi
associati; 
  Visto il decreto del Presidente della Repubblica 28 novembre  2008,
n. 197, recante il regolamento di organizzazione del Ministero  dello
sviluppo economico; 
  Vista la relazione del Direttore  Generale  per  le  piccole  medie
imprese e gli enti cooperativi, allegata alla nota prot. n. 121080 in
data 17 luglio 2013, con la quale  sono  state  segnalate  perduranti
problematiche   ed   inefficienze   nell'attivita'    di    vigilanza
dell'U.N.C.I. nei confronti delle cooperative  associate,  stante  il
persistere di una conflittualita' interna circa il soggetto  titolato
all'effettiva  rappresentanza  dell'associazione,  manifestata  dalla
nomina di rappresentanti legali eletti in adunanze separate,  indette
di  volta  in  volta  da  organi  oggetto   di   contestazione,   con
deliberazioni impugnate in sede giurisdizionale che hanno determinato
pronunce difformi e non definitive, rese in sede cautelare; 
  Vista la relazione dei Sindaci dell'U.N.C.I. i quali  nel  mese  di
dicembre 2010 avevano segnalato un perdurante  stato  di  immobilita'
dell'attivita' amministrativa dell'Associazione di rappresentanza,  a
seguito del conflitto insorto in seno ai relativi  organi  statutari,
il  quale  non  consentiva  un  andamento  ordinato  della   gestione
amministrativa e associativa, con  conseguente  mancata  approvazione
del bilancio consuntivo 2009 e del bilancio preventivo  2010  nonche'
delle quote associative per l'anno 2010, atti indispensabili  per  il
corretto svolgimento della vita associativa; 
  Viste  le  risultanze  dell'attivita'  di  vigilanza   svolta   dal
Ministero nei confronti  dell'Associazione  nell'anno  2011,  che  ha
confermato  irregolarita'  gestionali   consistenti   nella   mancata
approvazione di bilanci, nelle intervenute  modifiche  statutarie  in
contrasto con le indicazioni ministeriali, nelle  ricorrenti  carenze
nella redazione dei  verbali  di  revisione  da  parte  dei  revisori
incaricati dall'U.N.C.I.; 
  Viste  le  diffide  rivolte  all'U.N.C.I.  a   disporre   specifici
correttivi   nell'organizzazione   dell'attivita'   revisionale,   da
attuarsi  mediante  programmazione  e  realizzazione   di   attivita'
formativa e di aggiornamento dei revisori, in esito alle  quali  sono
pervenute   risposte   contrastanti   dai   diversi   soggetti    che
rivendicavano, contemporaneamente ed in conflitto  tra  di  loro,  la
titolarita'    della    qualita'     di     legale     rappresentante
dell'Associazione; 
  Preso atto della corrispondenza intercorsa  con  la  Prefettura  di
Roma  -  Ufficio  territoriale  del  Governo,  la  quale  attesta  il
perpetuarsi  della  situazione  di  forte  conflitto,   dovuto   alle
contrapposte richieste di iscrizione,  quale  rappresentante  legale,
nel registro  prefettizio  delle  persone  giuridiche,  da  parte  di
soggetti diversi, legittimati a seguito di successive  pronunce,  non
definitive e non univoche, rese dal  Tribunale  Civile  di  Roma.  In
particolare,  nel  solo  ultimo  anno  risulta  che  sulla  base   di
successive  assemblee  congressuali  e  di   distinti   provvedimenti
giudiziali la Prefettura di Roma  ha  proceduto  ad  iscrivere  quale
presidente legale rappresentante prima il Cav. Pasquale Amico, poi il
Sig. Cosimo Mignogna, successivamente il Cav. Pasquale  Amico  e,  da
ultimo, in data 29 settembre 2013, il Sig. Cosimo Mignogna; 
  Vista la nota del  Sindacato  FE.S.I.C.A.,  pervenuta  in  data  13
settembre 2012, con la quale si segnala  al  Ministero  l'assenza  di
certezze circa l'effettiva titolarita'  della  rappresentanza  legale
dell'U.N.C.I., ribadita con successiva nota  dello  stesso  Sindacato
del  15  marzo  2013,  con  la  quale  si  rinnova  la  richiesta  di
chiarimenti sul soggetto titolato a rappresentare  l'Associazione  in
giudizio,  nel  procedimento  di  opposizione  al  licenziamento   di
dipendenti in servizio presso la sede nazionale di U.N.C.I.; 
  Tenuto conto delle segnalazioni e richieste di chiarimenti  rivolte
al Ministero, provenienti da enti di natura pubblica e privata presso
i  quali  l'U.N.C.I.  ha  designato  propri   rappresentanti,   circa
l'effettivita'    della    carica    di     rappresentante     legale
dell'Associazione  medesima,  stanti  le  contrastanti   affermazioni
provenienti da soggetti che assumono di essere titolati; 
  Preso atto delle numerose pronunce  rese  dal  Tribunale  di  Roma,
dalle  quali  emerge  un  insanabile  conflitto  e  la  non   univoca
individuazione  del  rappresentante  legale   dell'U.N.C.I.   ed   in
particolare: 
  - ordinanza 27  aprile  2012,  la  quale  rinvia  alla  inevitabile
convocazione  dell'assemblea   degli   associati   l'adozione   delle
decisioni necessarie per risolvere le  problematiche  verificatesi  e
ripristinare un regolare sistema amministrativo; 
  - ordinanza  collegiale  19  giugno  2012  la  quale  riconosce  la
validita' della costituzione in giudizio dell'UNCI nella persona  del
rappresentante legale p.t. Pasquale Amico; 
  - ordinanza 27 luglio 2012,  giudice  dott.ssa  Buonocore,  con  la
quale e' stato ingiunto al prof. Paolo Galligioni di "immettere Amico
Pasquale,  quale  neo   nominato   presidente   dell'U.N.C.I.   nella
disponibilita' della documentazione e dei beni  di  pertinenza  della
predetta associazione e di consentire allo stesso il  libero  accesso
alla sede dell'Ente, per l'espletamento delle funzioni di pertinenza;
astenersi dal compimento di atti ed attivita' riservate, per legge  o
per statuto, al Presidente dell'U.N.C.I. o ad  altro  diverso  organo
dell'Associazione;  astenersi  dalla  spendita  della   qualita'   di
presidente dell'U.N.C.I. nei rapporti con gli associati ed i terzi"; 
  - ordinanza 16 novembre 2012, giudice dott. Scerrato, con la  quale
e'  stata  rigettata  l'istanza   di   sospensione   della   delibera
congressuale del 24  marzo  2012  che  ha  eletto  il  Cav.  Amico  a
Presidente  dell'U.N.C.I.,  confermata   con   successiva   ordinanza
collegiale del 6 febbraio 2013; 
  - ordinanza del 10 gennaio 2013, giudice dott.ssa Dell'Orfano,  che
ha dichiarato la piena regolarita' di tutti gli  atti  prodromici  al
congresso del 24 marzo 2012, riguardante l'elezione del Cav. Pasquale
Amico quale presidente e legale rappresentante dell'U.N.C.I.; 
  - sentenza n. 16217 dell'11 giugno  2013,  depositata  in  data  22
luglio 2013, con la quale il Tribunale di Roma - III Sezione  Civile,
ha accertato che lo statuto dell'U.N.C.I. da applicare e' quello  del
2000, dichiarando  altresi'  nulla  la  deliberazione  del  Consiglio
Generale U.N.C.I. del  23  giugno  2010  con  cui  venne  fissata  la
convocazione del Congresso nazionale straordinario  dell'Associazione
ed approvato il relativo  regolamento  congressuale.  Sulla  base  di
detto provvedimento giudiziale e del congresso straordinario  del  15
luglio 2013, la Prefettura di Roma ha  provveduto  ad  iscrivere  nel
registro delle persone giuridiche il  signor  Mignogna  Cosimo  quale
presidente e legale rappresentante dell'U.N.C.I.; 
  - ordinanza del Tribunale Civile  di  Roma,  Sezione  III,  giudice
dott.ssa Libri, del 29 luglio 2013 con  la  quale  e'  stata  in  via
preliminare rilevata l'infondatezza della  eccezione  di  difetto  di
legittimazione passiva dell'U.N.C.I., rappresentata dal  Cav.  Amico,
sul presupposto della spettanza a costui della carica  di  presidente
dell'U.N.C.I., a seguito dell'elezione del 24 marzo 2012; 
  Vista la comunicazione dell'avvio del procedimento di revoca di cui
alla nota prot. n. 145274 in data 6 settembre 2013; 
  Valutate  le  argomentazioni   formulate   mediante   deposito   di
documentazione prodotta nel corso  della  accordata  audizione  delle
parti controinteressate svoltasi in data 18 settembre 2013; 
  Vista la successiva nota prot. n. 161545 in data 3 ottobre 2013 con
la quale l'Amministrazione ha comunicato la  sospensione  per  trenta
giorni, ai sensi dell'articolo 2, comma 7, della legge 7 agosto 1990,
n. 241 del termine finale del procedimento di revoca; 
  Preso atto altresi' che, successivamente alla comunicazione  del  3
ottobre  2013,  inerente  la  sospensione  del  termine  finale   del
procedimento di revoca, in data  18  ottobre  2013  veniva  richiesto
all'U.N.C.I.  un  aggiornamento  di  notizie  circa  l'attivita'   di
vigilanza svolta; 
  Preso  atto  che  nel  corso  del  procedimento  di  verifica   dei
presupposti per la revoca,  il  Cav.  Amico  ha  ribadito  l'avvenuta
assegnazione di 3.403 incarichi di  revisione  cooperativa  nell'anno
2013, con la conclusione di solo 296 di essi, ed il Sig. Mignogna  ha
dichiarato di aver autonomamente disposto  l'effettuazione  di  circa
1.500  revisioni  cooperative  dietro   segnalazione   degli   uffici
regionali dell'Associazione, restando dunque  acclarata  l'incertezza
sulla  individuazione  della  carica  di  presidente  e  di  soggetto
legittimato all'attribuzione degli incarichi di revisione; 
  Ritenuto che la  predetta  incertezza  sulla  individuazione  della
carica di presidente e di soggetto legittimato all'attribuzione degli
incarichi di revisione incide sul corretto svolgimento dell'attivita'
revisionale con possibili ripercussioni sugli esiti della stessa; 
  Valutate le dichiarazioni e le osservazioni che le due parti  hanno
reso negli incontri  tenuti  presso  la  Direzione  generale  per  le
piccole e medie imprese e gli enti cooperativi, attraverso  le  quali
e' stata ribadita  da  un  lato  l'impossibilita'  di  una  soluzione
stragiudiziale del perdurante conflitto, dall'altra la riproposizione
dello sdoppiamento delle strutture sociali ed  amministrative,  fatti
questi che rappresentano un evidente ostacolo alla corretta e  serena
gestione del rapporto associativo e revisionale  con  le  cooperative
aderenti; 
  Considerato che tale perdurante incertezza nella titolarita'  della
"governance"  associativa  ostacola  l'efficace   svolgimento   della
attivita' revisionale nei confronti degli enti cooperativi  associati
e le relazioni con i soggetti istituzionali che  hanno  rapporti  con
l'U.N.C.I.; 
  Preso atto che a causa della  conflittualita'  interna  sono  state
fissate due distinte sedi sociali, ubicate  in  luoghi  diversi,  con
conseguente indeterminatezza ai fini delle comunicazioni, notifiche e
rapporti istituzionali; 
  Considerato che la revoca del  riconoscimento  costituisce  l'unico
provvedimento previsto dalla legge come  adottabile  da  parte  della
Amministrazione,  in  presenza   di   presupposti   incidenti   sullo
svolgimento corretto ed efficiente della  attivita'  revisionale  nei
confronti delle societa' cooperative aderenti; 
  Ritenuto che sussistono i presupposti di fatto  e  di  diritto  per
l'adozione,  ai  sensi  dell'articolo  3,  comma   7,   del   decreto
legislativo 2 agosto 2002 n. 220, del  provvedimento  di  revoca  del
riconoscimento dell'associazione U.N.C.I.,  atteso  che  la  medesima
Associazione  non  risulta  essere  piu'  in   grado   di   assolvere
efficacemente alle  funzioni  di  vigilanza  sugli  enti  cooperativi
associati, ad essa demandate; 
  Considerato che  il  suddetto  riconoscimento  e'  intervenuto  con
decreto ministeriale 18 luglio 1975, adottato  ai  sensi  e  per  gli
effetti degli articoli  4  e  5  del  decreto  legislativo  del  Capo
provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577,  rilevando  dunque
sia ai fini della legittimazione allo svolgimento  dell'attivita'  di
vigilanza sia ai fini dell'acquisto della personalita' giuridica; 
  Considerate le sopravvenute modifiche  normative  (articolo  1  del
decreto del Presidente della Repubblica 10  febbraio  2000,  n.  361,
recante  norme   per   la   semplificazione   dei   procedimenti   di
riconoscimento di persone giuridiche private e di approvazione  delle
modifiche dell'atto costitutivo e dello  statuto  e  articolo  3  del
decreto legislativo 2 agosto 2002, n. 220) le quali circoscrivono  il
riconoscimento da parte di questo Ministero alla sola  legittimazione
allo svolgimento dell'attivita' di vigilanza; 
  Considerato che il presente provvedimento di revoca incide su di un
riconoscimento, avvenuto in epoca antecedente alle suddette modifiche
normative, che  ha  rivestito  la  duplice  inscindibile  valenza  di
legittimazione allo svolgimento  dell'attivita'  di  vigilanza  e  di
acquisto della personalita' giuridica, e dunque deve valere per  ogni
effetto conseguente allo stesso riconoscimento; 
  Visto l'articolo 11, comma 1, della legge 31 gennaio 1992,  n.  59,
il quale prevede che le  associazioni  nazionali  di  rappresentanza,
assistenza e tutela del movimento cooperativo, riconosciute ai  sensi
dell'articolo 5 del citato decreto legislativo del  Capo  provvisorio
dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577, e successive modificazioni,  e
quelle riconosciute in base a leggi  emanate  da  regioni  a  statuto
speciale possono costituire fondi mutualistici per la promozione e lo
sviluppo della cooperazione, i quali  possono  essere  gestiti  senza
scopo di lucro da societa'  per  azioni  o  da  associazioni  e  sono
alimentati ed incrementati ai sensi dei commi  4  e  5  del  medesimo
articolo 11; 
  Considerato che l'U.N.C.I.  ha  costituito  un  fondo  mutualistico
gestito da Fondo per la promozione e lo sviluppo della cooperazione -
Promocoop S.p.A.; 
  Ritenuto di dover disporre circa gli  aspetti  conseguenziali  alla
revoca del riconoscimento dell'U.N.C.I.; 

                               Decreta 

                               Art. 1 

  1. Ai sensi dell'articolo 3, comma 7,  del  decreto  legislativo  2
agosto 2002, n. 220, e' revocato ad ogni  effetto  il  riconoscimento
dell'Unione  nazionale   cooperative   italiane   (U.N.C.I.),   quale
associazione nazionale  di  rappresentanza  e  tutela  del  movimento
cooperativo, di cui al  decreto  del  Ministro  del  lavoro  e  della
previdenza sociale 18 luglio 1975, adottato ai sensi degli articoli 4
e 5 del decreto legislativo  del  Capo  provvisorio  dello  Stato  14
dicembre 1947, n. 1577. 

                               Art. 2 

  1. A far data dalla pubblicazione del presente decreto,  l'U.N.C.I.
non  e'  piu'  legittimato  a  ricevere  alcun  versamento   di   cui
all'articolo 8 del decreto legislativo  del  Capo  provvisorio  dello
Stato n. 1577 del  1947,  a  titolo  di  contributo  per  l'attivita'
revisionale da parte delle cooperative  e  degli  enti  mutualistici,
quali individuati ai sensi dell'articolo 1 del decreto legislativo n.
220 del 2002. 
  2.  A  far  data  dalla  suddetta  pubblicazione,  all'associazione
U.N.C.I. e' fatto  divieto  di  accettare  versamenti  relativi  alle
fattispecie di cui al comma 1, pena le responsabilita'  configurabili
alla stregua della normativa vigente. 
  3.  Con  successivo  provvedimento  saranno  stabiliti  criteri   e
modalita'  per  la  definizione  dei  rapporti  pendenti  e  per   la
individuazione delle risorse  residue,  acquisite  per  le  attivita'
revisionali, da versare al Bilancio entrata dello Stato, Capo  XVIII,
Capitolo 3592. 

Art. 3 

  1. A far data dalla pubblicazione del presente  decreto,  cessa  la
legittimazione della societa' Fondo per la promozione e  lo  sviluppo
della  cooperazione  -  Promocoop  S.p.A.,  che  gestisce  il   fondo
mutualistico costituito dall'U.N.C.I. ai sensi dell'articolo 11 della
legge 31 gennaio 1992, n. 59, ad accettare versamenti  e  devoluzioni
di cui al medesimo  articolo  11,  commi  4  e  5,  rivenienti  dalle
societa' cooperative e dagli enti mutualistici quali  individuati  ai
sensi dell'articolo 1 del decreto legislativo n. 220 del 2002. 
  2. A far data dalla suddetta pubblicazione, alla societa' Fondo per
la promozione e lo sviluppo della cooperazione - Promocoop S.p.A.  e'
fatto divieto di accettare versamenti  e  devoluzioni  relativi  alle
fattispecie di cui al comma 1, pena le responsabilita'  configurabili
alla stregua della normativa vigente. 
  3.  Con  successivo  provvedimento  saranno  stabiliti  criteri   e
modalita'  per  la  definizione  dei  rapporti  pendenti  e  per   la
individuazione delle risorse residue, acquisite per le  finalita'  di
cui al citato articolo 11,  da  versare  al  Bilancio  entrata  dello
Stato, Capo XVIII, Capitolo 3592. 
  Il presente decreto sara' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana. 
  Avverso il presente provvedimento  e'  ammesso,  entro  60  giorni,
ricorso giurisdizionale dinanzi al Tribunale amministrativo regionale
per il Lazio ovvero,  entro  120  giorni,  ricorso  straordinario  al
Presidente della Repubblica ai sensi del decreto del Presidente della
Repubblica n. 1199 del 1971. 
    Roma, 22 novembre 2013 

                                                Il Ministro: Zanonato