E' un po' deprimente il fatto che in
Italia si riesca a parlare seriamente di certe cose o quando si sta
per soffocare di debito pubblico o quando si è nel pieno di un caos
politico senza precedenti. E sembra che lo si faccia apposta, in un
momento in cui la massima autorità morale e religiosa presente nel
nostro Paese è a sua volta in altre faccende affaccendata: la scelta
del successore del Papa. Come tuttavia sostengono gli studiosi più
moderni e dinamici, è proprio nelle crisi e nelle fasi di passaggio
che spesso avvengono le scelte epocali. In sintesi: se non ora,
quando?
Veniamo da mesi di adorazione politica
del modello tedesco e fa bene chi ne trae spunto per ricordarci anche
le cose più scomode. Ossia, per esempio, che la prostituzione è
disciplinata, dalla legge tedesca, sin dal 2002 e la novità sembra
andare benone. Perchè, detto senza malizia, trattasi di un settore
che tira e tutt'altro che in crisi. In Germania, da allora, chi
esercita la prostituzione può scegliere (loro si e noi no?) se farlo
con un contratto di lavoro subordinato o in maniera autonoma. E c'è
l'obbligo per tutti di pagare le imposte sul reddito e di applicare
l'IVA a tali servizi. Tutto ciò procura un gran beneficio al gettito
fiscale nazionale.
In Italia il deficit pubblico è una
bestia con cui tutti i partiti dovranno fare i conti. E' un'emergenza
e bisogna inventarsi qualcosa di nuovo e di socialmente sostenibile.
Ripetiamo: è fuorviante e autolesionista parlare della “riapertura
delle case chiuse” . Non di questo si tratterebbe e quindi
senz'altro la cura della dignità e della libertà di donne e uomini
sarebbe al primo posto nell'attenzione del legislatore che si
occupasse di questo tema. Tra l'altro la motivazione di tale
iniziativa non sarebbe solo o tanto l'eliminazione della
prostituzione delle strade. L'esigenza cioè non sarebbe quella di
nascondere chissà dove un ipotetica vergogna. Sulle strade
avvengono, sotto gli occhi di tutti, cose molto più scandalose che
l'esibizione di uomini e donne vestiti in maniera succinta e
provocatoria. E, per di più, magari la prostituzione fosse solo
limitata alle strade. In realtà la stessa (sia nella versione fisica
che in quella intellettuale) è presente in maniera preoccupante in
politica, nel giornalismo, nella cultura , nelle aziende, in nome dei
soldi e della carriera. Siamo quindi ben lontani da una società
fondata su solidi principi morali. Quel che è certo è che togliere
dalla clandestinità la prostituzione implicherebbe un colpo
durissimo agli interessi della criminalità organizzata e i più
maliziosi sostengono che proprio questo è il motivo per cui la
politica non se ne vuole occupare Inoltre sarebbe un adeguamento vero
a quanto si fa da anni nel nord Europa. E perchè no, si offrirebbe
la possibilità, sulla base di una libera scelta, di creare, anche
per gli italiani (e senza limiti di età, di sesso o estetici, data
la multiformità della domanda di servizi in questo campo) centinaia
di migliaia di posti di lavoro regolari (e a tempo indeterminato) .
Sarebbe poi uno stimolo al rafforzamento di un indotto, già
esistente e, ci dicono, prospero, in campo commerciale, dei pubblici
esercizi e della attività manifatturiera (è noto che molta
oggettistica, in questo campo, è di importazione) con positivo
effetto per la bilancia commerciale. Dato il dimostrato beneficio
che tale attività (come ci viene ricordato da anni dai mass media)
induce nel “cliente” dal punto di vista fisico e psichico, perchè
non ipotizzare che possano essere scaricabili queste spese sul 730 al
pari di quelle mediche?Vogliamo poi parlare della prevenzione delle
malattie sessuali e dell'Aids , attraverso l'uso professionale dei
mezzi di protezione e la possibilità che tramite la contribuzione
previdenziale, sia possibile assicurare pensioni di vecchiaia a chi
svolge tali attività? E un lavoro regolare a tanti stranieri oggi
clandestini e in balia della criminalità?Ovviamente dovranno
rimanere, anzi essere rese più severe, tutte le norme che colpiscono
lo sfruttamento, relativo a quei casi in cui la scelta di esercitare
tale professione non sia libera. E favorire l'imprenditorialità da
parte di chi, dopo anni nel settore, ha acquisito le capacità di
organizzare tali servizi e creare quindi tanti nuovi posti di lavoro,
per gli italiani, in particolare, compreso l'indotto.
Legalizzare tutto ciò significherebbe
offrire pari opportunità non solo alle donne ma anche agli uomini e
a tutti coloro che pratichino scelte sessuali diverse e variegate,
tutte degne del massimo rispetto. Coraggio Italia. Mica vorremo
rimanere indietro anche su questo?