Dunque l'incontro Governo/FIAT sarà
sabato 22 settembre. E' veramente singolare questa improvvisa
fibrillazione sull'”investimento” FIAT di questi giorni. La
stampa, all'unisono (in maniera, come al solito, grossolana e
sospetta), sta proponendo questo giorno come quello del giudizio. Ma
non dobbiamo dimenticare un avvenimento che sta procedendo
parallelamente: il Governo sente di non farcela da solo a tirar fuori
l'Italia dalle secche della crisi e ha chiesto l'aiuto dei Sindacati,
chiamandoli a una trattativa sulla produttività che però, secondo
Monti, dovrà entro fine mese portare comunque a un “risultato”,
cioè a un accordo.
Ma i sindacati (tranne uno che secondo
noi ha già stipulato un accordo sottobanco col governo per finalità
politico-elettorali) cincischiano. Le piazze e le fabbriche li
pressano, la situazione sta cominciando a diventare ingestibile anche
per loro. Hanno convocato, quello era scontato, lo sciopero generale
del pubblico impiego (sempre per fine mese). La carta di quello
generale di tutto il mondo del lavoro (inutile, come tutti gli
scioperi di un solo giorno) forse alcuni di essi, per puro spirito di
bandiera, se la giocheranno tra due mesi. Ma gli scioperi servono da
un po' di anni in qua solo a salvare la faccia.
Facciamo un'ipotesi: che Marchionne
abbia convinto Monti Passera e Fornero che, così come avvenuto a
Pomigliano, l'accordo Governo/Sindacati (anche senza la CGIL) possa
andare in porto solo con un ricatto occupazionale, questa volta su
più vasta scala. Ossia: se l'accordo si fa su certi contenuti, bene,
la FIAT prosegue in Italia, altrimenti... E che con questa risultanza
dell'incontro con FIAT poi Monti vada a sedersi al tavolo con i
sindacati, per ratificare un accordo scritto dal Lingotto. Se ci
pensate bene, con questa mossa, i Sindacati sarebbero in trappola, in
quanto non firmare un accordo col governo con i contenuti dettati da
FIAT significherebbe assumersi la responsabilità di aver concorso a
chiudere gli stabilimenti e a porre in mobilità decine di migliaia
di lavoratori (con le prevedibili ritorsioni degli stessi). E ad
aggravare, con le conseguenze sull'indotto e il clima di pessimismo
che indurrebbe, la crisi generale, economica e finanziaria, del
Paese. Firmarlo significherebbe evitare lo choc-FIAT dietro l'angolo,
ma perdere completamente di credibilità nel Paese. I Sindacati
verrebbero percepiti come soggetti succubi dei poteri forti, mai e
poi mai in grado di imporre una nuova politica industriale. In
entrambi i casi la prospettiva è quella di un sindacato più diviso
e quindi più debole e di una sconfitta politica e sindacale del
mondo del lavoro italiano. Il problema non è di FIAT che, come
risulta oggi dai giornali, sta per aprire con Chrysler centri in
Australia, Giappone e Russia (dopo quelli in Argentina,Brasile, Cina
e Emirati Arabi Uniti). Il problema è dei lavoratori italiani che da
anni hanno ingaggiato leader sindacali poco lungimiranti che li
stanno portando (non solo in FIAT) dritti dritti alla sconfitta.