Pensate poi che bello sarebbe rifare una sanatoria globale degli immigrati come nel 2003, quale gigantesca iniezione di nuova contribuzione ciò provocherebbe.Ma la partita decisiva da giocare (è un vecchio cavallo di battaglia dell'AGL) è quella per lo smantellamento dei cosiddetti diritti acquisiti che sarebbe meglio ridenominare "ingiustizie consolidate". Siamo convinti che nella società c'è ormai una maggioranza favorevole a questo rivolgimento e, anche nella minoranza che ne gode, molti , per illuminazione o sensi di colpa, sarebbero favorevoli. Vediamo se tra i tanti candidati leader politici italiani qualcuno intende far propria questa battaglia decisiva.
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fonte: www.rainews.it
L'Ocse: "Bene le riforme, ma fare altri
sforzi"
Pensioni, Boeri: "Per i nati negli anni '80 assegni più bassi del 25% e
dopo i 70 anni"
Il presidente dell'inps presenta il rapporto Ocse "Pensions at a glance
2015" -
02 dicembre 2015
Chi oggi ha 35 anni prenderà nell'intera vita pensionistica in media un
importo complessivo di circa il 25% inferiore a quella della generazione
precedente (i nati intorno al 1945) pur lavorando fino a circa 70 anni.
La simulazione arriva dall'Inps sulla base di un campione di circa
5.000 lavoratori nati nel 1980. Lo ha detto il presidente dell'Inps,
Tito Boeri presentanto il rapporto Ocse "Pensions at a glance 2015".
Nati negli anni '80: assegni più bassi e in pensione più tardi
Quando si analizzano gli importi di pensione - ha spiegato Boeri nel
corso della presentazione del Rapporto Ocse 'Pensions at a Glance 2015' -
''bisogna tenere conto anche da quando questi assegni sono stati
percepiti''. Se si guarda alla distribuzione per età alla decorrenza
delle pensioni dirette del Fondo lavoratori dipendenti tre quarti sono
state percepite prima dei 60 anni. Secondo le proiezioni Inps per i
lavoratori classe 1980 solo il 38,67% la prenderà prima dell'età di
vecchiaia, che per gli attuali 35enni significa nel 2050 a 70 anni di
età. Sarà più basso quindi il trasferimento pensionistico complessivo
(perchè percepito per meno anni), ma anche il tasso di sostituzione
medio rispetto alla retribuzione che sarà intorno al 62%. ''Si lavorerà
più a lungo - ha detto Boeri - anche in rapporto alla speranza di vita.
Le pensioni saranno del 25% più basse di quelle di oggi tenendo conto
degli anni di percezione'' e ci saranno, a fronte di una crescita del
pil all'1% e di possibili interruzioni di carriera, ''problemi di
adeguatezza'' dell'importo. Con il sistema contributivo inoltre, se non
si metterà in campo uno strumento di sostegno contro la povertà come il
reddito minimo, ci saranno ''problemi per chi perderà il lavoro sotto i
70 anni''.
Il rapporto Ocse
L'Italia ha fatto importanti riforme del sistema previdenziale in
direzione dell'aumento dell'età di uscita dal lavoro e della riduzione
della spesa futura ma perché il sistema sia finanziariamente sostenibile
sono necessari "ulteriori sforzi negli anni a venire". Il rapporto Ocse
"Pensions at a glance 2015" dà atto al nostro Paese di aver intrapreso
un cammino virtuoso ma sottolinea che quanto fatto finora non basta. Il
nostro Paese ha la spesa previdenziale più alta dopo la Grecia rispetto
al Pil (15,7% nel 2013 a fronte dell'8,4% medio nell'Ocse) e contributi
previdenziali sul lavoro dipendente rispetto alla retribuzione al 33%,
percentuale top tra i Paesi Ocse. I pensionati attuali - emerge dal
Rapporto - hanno tassi di sostituzione netta rispetto al salario medio,
vicini all'80% a fronte del 63% medio dei paesi più sviluppati e assegni
in media largamente superiori ai contributi versati. Con la riforma del
2011 - spiega l'Ocse - sono state adottate importanti misure per
ridurre la generosità del sistema, in particolare attraverso l'aumento
dell'età pensionabile e la sua perequazione tra uomini e donne ma
l'invecchiamento della popolazione continuerà ad esercitare pressioni
sul finanziamento del sistema''. L'Ocse sottolinea che la sentenza della
Corte Costituzionale sulla mancata perequazione nel 2012-13 per le
pensioni superiori a tre volte il minimo e i rimborsi decisi dal Governo
''avranno un impatto sostanziale sulla spesa pubblica''. Nel breve
periodo vanno cercate risorse per ridurre al minimo l'impatto della
sentenza mentre nel lungo periodo bisognerà stimolare la partecipazione
dei lavoratori anziani al mercato del lavoro. Se infatti il tasso di
occupazione degli over 55 in Italia è aumentato di 15 punti (dal 31% al
46%) negli ultimi 10 anni è anche vero che questo è ancora di molto
inferiore alla media Ocse (57%).
Boeri: "Anziani meno colpiti dalla crisi"
"Gli anziani - secondo quanto ha spiegato il presidente Inps - sono
stati colpiti dalla crisi economica in misura minore rispetto alle altre
fasce di età. Oggi vivono in una situazione di povertà relativa il 9,3%
degli over 65 contro il 12,6% medio della popolazione totale. Il
rischio di povertà - sottolinea il Rapporto - si è trasferito dagli
anziani ai giovani. il 15% delle persone tra i 18 e i 25 anni sono
povere''.
Sindacati: "No a nuova stretta"
I sindacati ribadiscono il no a nuovi interventi di 'stretta' sul
sistema previdenziale. ''La tenuta finanziaria del nostro sistema
previdenziale - dice il segretario confederale Cgil Vera Lamonica - non è
a rischio, di certo lo è l'entità delle prestazioni per ampie fasce
della popolazione: basta riforme per fare cassa, si restituisca equità e
solidarietà al sistema. "L'Italia - avverte il segretario confederale
Cisl Maurizio Petriccioli - è il Paese che più di ogni altro, fra quelli
dell'area Ocse, ha realizzato, negli ultimi 20 anni, interventi
legislativi che hanno messo in sicurezza la sostenibilità finanziaria
del sistema pensionistico, trascurandone semmai la sostenibilità
sociale". Il rapporto Ocse - afferma il segretario confederale Uil
Domenico Proietti - "continua a perseverare nell'errore di quantificare
la spese per le pensioni al 15,7%, non tenendo conto che questo dato
somma la spesa previdenziale con quella assistenziale". -