Abbiamo letto con interesse il
documento elaborato dalla nuova Segreteria del PD e, nello spirito
fatto proprio da chi l'ha redatto, forniamo anche noi un parere
franco e spassionato.
Il metodo, per carità, è,
politicamente più che corretto. Ma non ci sembra opportuno e
spieghiamo perchè. E' dal 2012 che Renzi, allora facendo proprio il
frutto del lavoro di anni del Prof. Ichino, aveva detto chiaramente
quale fosse la sua proposta di riforma del lavoro. Chi l'ha votato
nelle primarie lo ha fatto essendo a conoscenza di quelle proposte.
Ora, che ha realizzato quanto sognato, ossia che si è preso il PD
con una schiacciante maggioranza del 70% di consensi su una platea di
3 milioni e passa di votanti, dopo peraltro aver picchiato duro
contro la linea conservatrice della CGIL e strizzando l'occhio al
primo Marchionne, non può improvvisamente divenire
incomprensibilmente così cauto e prudente. Doveva imporre, o tentare
di imporre, così come sta facendo su altre importanti questioni, al
governo Letta, a una maggioranza e a un Parlamento impotenti e
delegittimati una sorta di diktat: la riforma del lavoro entro non 8
ma 1 o 2 mesi. Perchè è il lavoro l'emergenza italiana n. 1, quello
il problema che potrebbe a breve mettere in discussione la democrazia
nel nostro Paese. E invece no. Nonostante l'appoggio entusiastico di
Bonanni (certo, non indicativo, poiché la CISL dà ragione al più
forte indipendentemente da chi sia e dal suo colore politico) e
dell'Europa, Matteo su questa riforma sembra aver grandi timori.
Forse perchè ricorda la reazione della CGIL di Cofferati al
tentativo di riforma del governo Berlusconi? Chissà... Tony Blair
(per richiamare una figura in queste settimane oggetto di un
accostamento da parte della stampa americana) se ne sarebbe fregato
degli ostruzionismi o degli avvertimenti del più forte dei
sindacati. O delle stoccate prolettiane dell'ex presidente dell'Istat
diventato, chissà perchè proprio lui, inopinatamente, Ministro del
Lavoro. Oltre a un “Fassina chi?” ci saremmo aspettati in questi
giorni da Renzi anche un “Giovannini chi?” e certo eventuali
dimissioni non avrebbero sconvolto il mondo del lavoro, anzi...
(chiedere a Squinzi per averne conferma). Sacrosanta ma incompleta
l'affermazione in base alla quale i posti di lavoro vengono creati
dagli imprenditori ma non dalle leggi. Incompleta perchè avrebbe
dovuto precisare che le leggi sono il frutto del lavoro della
politica e se le leggi fossero totalmente ininfluenti non si
comprenderebbe allora la ragione dell'esistenza di Renzi e del Jobs
Act che propone. Ma soprattutto che (e qui volevamo più chiarezza
nei confronti della Cgil) non è più tempo (nè ci sono risorse) per
campagne di creazione di posti di lavoro pubblici in emergenza, tanto
meno nella Pubblica Amministrazione, come si fece nel 1978, per
fungere da valvola di sfogo delle tensioni sociali. E (nei confronti
della Fiom) che è vero che vi sarebbe necessità di assunzioni per
lavori socialmente utili (risanamento del territorio, messa in
sicurezza delle scuole, ecologia, energia, ecc.) ma è impossibile
che ciò possa realizzarsi né con assunzioni statali né dirottando
fondi da destinazioni (Tav, grandi opere, armamenti, ecc.) per le
quali si decise anni fa, impossibili ormai da recuperare e che
creerebbero per lo Stato più oneri che benefici immediati. E poi che
la crescita, la sola che, pur con un gap temporale di circa un anno,
potrà far creare alle aziende posti di lavoro, richiede scelte
precise e non più rinviabili: l'aumento delle retribuzioni dei
lavoratori dipendenti con la riduzione del cuneo fiscale non a carico
dei contribuenti ma della parte improduttiva della PA, in modo che
gli stessi possano acquistare, nel mercato interno, i beni da essi
prodotti e l'unica operazione che a breve possa attirare gli
investimenti necessari (quali imprese italiane infatti secondo la
Fiom potrebbero fare altrettanto, con questa crisi, tenuto conto che
lo stesso Marchionne ha fatto pagare alla Chrysler l'acquisto delle
azioni con cui Fiat ha assunto il controllo di quella casa
automobilistica?): rendere attraente l'Italia per gli investimenti
stranieri attraverso l'introduzione di ampie zone franche fiscali a
burocrazia zero (Renzi parla degli investimenti stranieri nel
documento ma ponendo l'accento sulla semplificazione più che
sull'aspetto fiscale). A spese di una PA che ormai procura danni a
tutti per il solo fatto di esistere, andando contro e infrangendo
qualsiasi regola imposta dall'Europa che si frapponga a questa
liberazione di risorse e opportunità. Più che di visione per i
prossimi anni e di piccoli interventi per i prossimi mesi, avremmo
preferito che Renzi parlasse di New Deal, di politiche di settore
(più avanti, è vero, si parla di politiche industriali ma senza
anticiparne le direttrici e quindi le scelte conseguenti ,
soprattutto relativamente al manifatturiero, esempio Fiat, Ilva,
ecc.) e di interventi shock. Non vorremmo che questa prudenza derivi
da segnali già ricevuti da qualcuna delle lobby che si dice
manovrino trasversalmente tutte le forze politiche. Sarebbe
gravissimo e sconfortante. Ci sembra poi riduttivo, nel momento in
cui si evoca la globalizzazione come scenario da considerare comunque
ancora positivamente, aver implicitamente liquidato una questione (in
Italia cara tradizionalmente solo alla Lega Nord) , quella di una
versione riveduta e corretta ma attuale dei dazi o, più
complessivamente, di una migliore gestione dei rapporti commerciali
nei confronti di realtà che rischiano entro breve di far appassire
qualsiasi nuova velleità di rafforzare lanostra bilancia
commerciale. Vi assicuriamo che negli Usa e in quei Paesi che già
stanno assaporando la ripresa è una questione tutt'altro che
superata o messa in soffitta. Pensavamo poi che Renzi (altre figure
di statisti che hanno fatto la storia non avrebbero perso questa
occasione e non si sarebbero fermati per paura delle rampogne di
Grillo o di Repubblica) avesse innovato andando oltre la trita e
ritrita polemica su una fantomatica classe dirigente responsabile di
ogni male italiano. Lui e il suo gruppo ne fanno parte, certo
criticamente, da anni, ma da decenni stiamo aspettando qualcuno, in
politica , che abbia il coraggio di rimproverare anche l'italiano
medio dei suoi comportamenti più inaccettabili. Il leader deve
essere anche, a volte, ruvido e impopolare nel dire in faccia a chi
vuol governare quali sono i difetti da eliminare (la mancanza diffusa
di senso civico e di spirito di squadra, l'opportunismo, il
qualunquismo, il mito della furbizia e dell'illegalità, i pregiudizi
territoriali e razziali, la tendenza ad evadere il fisco, il
malcostume della raccomandazione, ecc). E questo Renzi, l'ennesimo
piacione di turno, non sembra volerlo fare, per ora. Fermare
l'emorragia dei posti di lavoro: anche questa una formulazione
ambigua. Delle due l'una: o vuoi che comunque i lavoratori permangano
il più possibile in azienda (e allora riduzione dell'orario di
lavoro, CIG non più in deroga pagata dalla collettività ma CIGO
pagata da lavoratori e aziende- tutti e non solo da alcuni come ora-
, riduzione e non aumento dell'età pensionabile, contratti di
solidarietà, ecc.) ma c'è il rischio dell'illusione,
dell'assistenzialismo e di mantenere in vita imprese non più sul
mercato Oppure (alla Grillo) pensare non più a salvare posti di
lavoro morti ma a salvare le persone con il reddito minimo garantito
(anche oltre l'ASPI che già è un sistema di copertura universale
per chi perde il lavoro ma non per chi non lo ha mai avuto). O l'una
o l'altra. Come già tanti hanno osservato le risorse sono limitate e
non è possibile seguire contemporaneamente entrambe le strade. E c'è
poco tempo (settimane) perchè le aziende chiudono, le CIG in deroga
stanno finendo e i senza reddito non potranno essere mantenuti in
eterno dai parenti pensionati. Matteo, lascia perdere i tavoli quindi
e decidi subito quali scelte imporre a Letta!L'AGL, lo ricordiamo, è
per l'abbandono della CIG in deroga e per dirottare tutte le risorse
sul reddito minimo garantito.
Per carità, siamo d'accordo sulla
riforma della politica e sul suo valore simbolico, ben vengano i
buoni esempi e i risparmi ma qui stiamo parlando di economia, non di
etica. La parte marcia della politica trova (e troverà) una sua
corrispondenza in una parte marcia dell'elettorato che l'ha eletta e
continuerà a sostenerla per anni (nonostante i rottamatori). Un
giorno faremo definitivamente i conti ma ora bisogna concentrarsi sul
destino della parte sana del Paese.
Altro tabù viene in mente quando si
legge il passaggio del documento renziano sulla riduzione del costo
dell'energia per le imprese. E' il brano che ha suscitato, nei primi
commenti, il maggiore scetticismo. Perchè non si sa dove Renzi pensi
di trovare le risorse ma anche per l'inutilità dell'operato di ogni
e qualsiasi Autorità di garanzia in un paese per certi versi ancora
medievale (per queste cose) come l'Italia. Avremmo gradito un ruggito
di Renzi, che l'avrebbe reso ancor più popolare su prezzi e tariffe
dei servizi per la popolazione, annoso imbroglio italiano oltre che
intollerabile fardello per le masse popolari e per il ceto medio.
E poi perchè , là dove si evidenzia
il deficit di competitività dell'Italia nell'attirare investimenti,
nulla si dice della degenerazione del ruolo delle banche nel nostro
Paese?
Ecco: l'assenza di riferimenti alle
banche, in questo Jobs Act è fragorosa. Quando sono proprio le
banche , frenando gli effetti di ogni possibile iniezione di
liquidità nel sistema, ad essere le massime responsabili del ritardo
di una eventuale ripresa e quindi della creazione, indotta, di nuovi
posti di lavoro.
Per arrivare a una riduzione dell'IRAP
del 10% e a una non quantificata riduzione del cuneo fiscale si
ipotizza un aumento dell'imposizione di “chi si muove in ambito
finanziario”. Espressione troppo generica. Ci saremmo aspettati una
distinzione e relative scelte di intervento tra transazioni e
speculazioni e una risposta a chi da una parte (come noi ) si è
sempre opposto alla Tobin Tax e a chi invece, essendo favorevole e
convinto di essa, lamenta uno svuotamento di essa da parte di lobby
finanziarie. Anche qui, come per le banche, la materia sembra minata
e pericolosa anche per il leader politico italiano attualmente più
forte in circolazione. Alla luce di ciò che garanzia può fornire la
politica ai cittadini di possedere davvero la forza per imporre un
cambiamento?
Quanto alla promessa di vincolare i
risparmi di spesa alla riduzione del cuneo fiscale:ma già l'attuale
governo non doveva attuare un impegno del genere? Perchè Renzi
(indipendentemente dal fatto che la testa di Saccomanni debba o no
cadere) non quantifica subito e si impegna a una immediata
destinazione a tale scopo delle somme già risparmiate e dirottate
altrove?Cioè diremmo renzianamente: che credibilità può avere chi
si impegna a fare qualcosa che, se voleva, già avrebbe realizzato?
Facendo un passo indietro, la stessa osservazione vale per le riforme
della politica: ci risulta che attuali parlamentari renziani (che
tali per ora rimarranno fino al 2018) poi in concreto abbiano votato
in direzione opposta a quelle riforme. Solo perchè il leader ancora
non era stato investito della carica di Segretario?Ma il parlamentare
è o non è eletto senza vincolo di mandato? E quella della riforma
della politica è o non è un'emergenza?
Sull'agenda digitale sarebbe bene che
Renzi lasciasse perdere le citazioni liturgiche e si renda conto di
quale è la condizione delle reti informatiche in Italia. E'
inammissibile che lo Stato consenta a Aziende che fatturano cifre
enormi di tenere in queste condizioni (pensiamo alla velocità) i
cittadini che pagano l'ira di Dio per un servizio scadente persino in
città come Milano. Innovazione vera sarebbe Internet libero e
gratuito per tutti. Anche per l'incremento dell'occupazione.
Pienamente d'accordo sui dirigenti pubblici a tempo determinato. Come
noto, noi siamo per lo Spoils System, per il ridimensionamento degli
stipendi dei dirigenti e perchè i concorsi accertino anche le reali
capacità pratiche dei candidati, indipendentemente dal titolo di
studio (come già scritto in precedenza, anche un non laureato
dovrebbe avere la possibilità di poter concorrere).
Il dirigente non deve essere
indipendente ma dipendente dal potere politico che però venga eletto
con meccanismi che assicurino una reale democraticità. Altre
soluzioni (autogoverno, sostanziale inamovibilità, ecc.) sono
inadeguate a fronteggiare l'esigenza dell'oggi: una burocrazia non
autoreferenziale e più potente della politica ma al servizio dei
cittadini e della legalità. Stato e Banche: lì è da ricercare
l'origine dei mali italiani, là occorre affondare il bisturi,
altrimenti ogni riforma sarà vanificata.
Dei piani industriali di settore già
abbiamo accennato: che idea Renzi abbia della questione Fiat e
dell'Ilva, che prospettive ritiene abbiano i settori maturi in chiave
occupazionale è ancora difficile capirlo. E' noto che noi dell'AGL
siamo convinti che alla Fiat occorra smettere di dare agevolazioni e
consentire a concorrenti stranieri di poterla sostituire in Italia se
Marchionne ritiene di trasferirsi definitivamente a Detroit. Che
l'Ilva venga risanata , dal punto di vista dell'ambiente,a spese
della famiglia Riva (la quale si faccia anche carico del costo degli
ammortizzatori sociali) , che venga espropriata e riconvertita in
quanto secondo noi l'industria siderurgica in Italia (che per
vocazione dovrà essere la Florida d'Europa) non ha futuro.
Anche sul Nuovo Welfare il quadro ci
sembra un po' confuso. Semplificazione per noi vuol dire
riunificazione delle attuali competenze in materia di politiche
attive e passive del lavoro, oggi sparse tra Ministero e Regioni. E
poi capire se questo Ministero del Lavoro ha ancora giustificazione
di esistere. In particolare, su ispezioni del lavoro e sicurezza
sembra non avere più voglia di fare nulla e quindi proporremmo il
passaggio delle sue funzioni a rami della Pubblica Amministrazione un
po' più motivati e, soprattutto, con una storia di reclutamento del
personale un po' più moderna , come ad esempio il Ministero dello
Sviluppo Economico (evitiamo quindi la creazione dell'ennesimo
carrozzone come sarebbe senz'altro l'Agenzia Unica Federale).
Ha ragione Ichino: 8 mesi per un nuovo
codice del lavoro sono troppi. Su questo Renzi ci ha un po' deluso,
pensavamo che l'avesse già pronto.Chi ha già perso il lavoro o lo
perderà in questi otto mesi cosa mangerà?Pezzi del tavolo di
trattativa tra governo e parti sociali?
Quanto al contenuto, l'AGL ritiene che
il contratto debba essere unico e che la tutela reale vada non
ridotta ma estesa a tutti i lavoratori senza eccezioni. Quindi art.
18 per tutti e rapidità nella definizione delle controversie di
lavoro tramite il ricorso obbligatorio a un collegio di conciliazione
e arbitrato sotto l'egida pubblica. Chi viene licenziato e l'azienda
che licenzia hanno il diritto di avere una risposta definitiva da un
organismo terzo e imparziale entro qualche settimana. Basta con un
sistema giudiziario che storicamente ha dimostrato, nel capo
lavoristico, di non poter funzionare.Se è necessario cambiare la
Costituzione anche su questo, lo si faccia il prima possibile.
Sulla formazione professionale è
importante che si guardi al risultato. Occorre che siano finanziati
da denaro pubblico solo quelle iniziative per cui sia dimostrabile
che i partecipanti abbiano trovato effettivamente lavoro.
Anche a noi non piace l'esaltazione e
il rilievo dato alla necessità che le esigenze delle imprese vengano
poste in rilievo in relazione alle scelte da compiere. Purtroppo sarà
così finchè non si individueranno alternative non fallimentari al
capitalismo. Se ne facciano una ragione coloro che se ne
scandalizzano ma non si chiedono come mai chi propugna altre
soluzioni da tempo non riesce a superare lo sbarramento elettorale
del 4%.
Siamo d'accordo, lo abbiamo già detto
più volte, sulla legge per la rappresentatività. Ci dispiace che il
Prof. Ichino non colga l'elemento di prevaricazione insito nei due
accordi interconfederali che hanno messo mano in questa materia che,
al contrario di quanto dice Bonanni NON è materia di esclusiva
pertinenza delle parti sociali. Se non altro perchè non è stato mai
inequivocabilmente stabilito, tramite il voto, l'effettivo peso a
livello nazionale di ogni sigla. Aggiungiamo che indipendentemente
dai risultati di eventuali votazioni va comunque garantito un diritto
di controllo e di tribuna da parte di sigle sindacali minoritarie o
di recente costituzione. Più garanzie, più partecipazione, più
coinvolgimento dei lavoratori. Nelle trattative sindacali e perchè
no, nei CDA delle Aziende, purchè non si crei una aristocrazia
operaia che venga strumentalizzata dagli imprenditori contro
l'interesse della generalità dei lavoratori. Altro argomento su cui
ci aspettavamo infine una presa di posizione di Renzi è quello
pensionistico. Va ridotta , appena possibile, l'età pensionabile ma
soprattutto va tolto ogni sostegno e smantellato ogni meccanismo di
adesione coatta ai fondi pensionistici complementari, rivelatisi un
autentico imbroglio per i lavoratori.
AGL Alleanza Generale del Lavoro