Confederazione Sindacale A.G.L. Alleanza Generale del Lavoro

Confederazione Sindacale A.G.L. Alleanza Generale del Lavoro
(confederazione sindacale dei lavoratori) codice fiscale: 97624870156; atto costitutivo (e statuto) registrato presso l'Agenzia delle Entrate, DP I MILANO-UT di Milano 1, in data 04/06/2012, serie 3, n.7107- sede naz.le:Via Antonio Fogazzaro 1, sc.sin. 3° piano, 20135 Milano, tel.3349091761, fax +39/1782736932, Whatsapp 3455242051, e-mail agl.alleanzageneraledellavoro@gmail.com ; e-mail certificata: alleanzageneraledellavoro@pec.it

venerdì 3 maggio 2013

LA FESTA (1° MAGGIO) E' FINITA MA CGIL-CISL-UIL NON HANNO RISPOSTO: PADELLA O BRACE?

Non abbiamo voluto intervenire durante la festa del 1° Maggio, festa che onoriamo e rispettiamo, per la storia che rappresenta. Non sta bene infatti né rovinare le feste altrui né delegittimarle o sminuirle. Abbiamo avuto però una netta sensazione. Che sia stata un'occasione di unità si, ma da parte di sindacati superati, che da anni non ne hanno imbroccata una e che non sanno più quali pesci prendere. Fin qui nulla di male. Non si può imputare a sindacati normali, fatti di gente normale, di non saper guardare al di là del proprio naso. Non sono solo loro, ma i lavoratori tutti, preoccupati della propria sopravvivenza. E quando uno ha timore fondato di non farcela a mettere insieme il pranzo con la cena, quando mancano gli zuccheri dal cervello, la fantasia difetta e la capacità di ragionamento rallenta. Capiamo quindi il disorientamento della Triplice ma ciò non significa lasciarli fare, consentire loro, cioè, di portare a fondo definitivamente l'insieme dei lavoratori italiani. La strada da intraprendere è diametralmente opposta a quella che ci hanno indicato da anni, ripetendosi, questa volta unitariamente, nelle rituali manifestazioni e comizi. Il primo errore è considerare il “lavoro” come un oggetto che qualcuno avrebbe nascosto chissà dove. In realtà il lavoro, ossia la società che si muove, è uno stato complessivo che bisogna recuperare al più presto rimettendo in moto la società stessa e l'economia, rimuovendo ostacoli di cui sono responsabili anche le più grandi organizzazioni sindacali. Quel concetto di lavoro non può essere più quel che serve all'Italia perchè puzza di assistenzialismo lontano un miglio. Parliamoci chiaro: questi signori vorrebbero far assumere dallo stato i lavoratori espulsi dal processo produttivo, Pagando i loro stipendi con tasse a carico di chi non è rappresentato e tutelato dai sindacati confederali. Svegliatevi amici: non siamo più negli anni settanta e questa soluzione è improponibile. In realtà quello stesso “lavoro” , nei progetti di questi signori, dovrebbe finanziare le pensioni di coloro che costituiscono un pilastro fondamentale del residuo consenso di quella parte. Se oggi la perdita del lavoro è un dramma in Italia è anche perchè per decenni è stato lavato il cervello a milioni di lavoratori convincendoli che se uno nasce dipendente mai e poi mai potrà cambiare lavoro se l'economia lo richiedesse. Tanta disperazione, rassegnazione e rinuncia, soprattutto nel centro sud, tanti suicidi assurdi discendono proprio dalla diffusione di questa scellerata ideologia, incapace di costruire una umanità che pratichi un giusto mix tra collettivismo e individualismo. Il Paese è stanco di essere preso in giro dai sindacati e dalla classe politica di governo. E' dal dopoguerra che è noto a tutti coloro che, anche poco, si interessano di questi argomenti, che quando si afferma di voler reperire le risorse necessarie dalla lotta all'evasione fiscale è come se si dicesse che quei soldi non verranno recuperati mai. Stranamente si fa passare in secondo ordine l'Europa , quando è la prima a ricordarcelo. Dire che si vuole redistribuire il reddito tramite le risorse disponibili (?!) provenienti dall'evasione è come assicurare i meno abbienti che per loro continuerà a non farsi un bel nulla. Imperdonabile, ciò, quando detto da un capo sindacale, quello deputato, in democrazia, a rappresentare e tutelare i lavoratori. Finchè non si metteranno in testa che il lavoro non si crea da assunzioni dirette dello Stato o da parte di aziende assistite dallo stato ma unicamente dalla ripresa di aziende capaci di crescere nella competizione, dell'Italia di oggi dimostreranno di non aver capito nulla. L'Italia non è né morta, né viva né moribonda. Noi pensiamo semplicemente che sia ferma e che ancora da essa non sia emersa una classe dirigente (economica, politica e sindacale) in grado di portare fuori dalla palude una popolazione anch'essa colpevole, per ignavia, dello sfascio e che dovrà dimostrare, riappropriandosi di un ruolo partecipativo, di meritare di sopravvivere. Più volte abbiamo detto che il nodo della crisi italiana è nello Stato (assunzioni clientelari e sistema fiscale demenziale, generatore di evasione, in primis) e nelle Banche. E' da lì che occorre iniziare per costruire un Paese nuovo. Si tratta di soggetti oggi forti e autoreferenziali che difficilmente cambieranno. I sindacati farebbero bene a lasciar perdere le piazze e a dire direttamente che cosa hanno in mente per cambiare il Paese in quei due gangli fondamentali. Il resto sono chiacchiere e illusioni. Ebbene né il primo maggio né in precedenza abbiamo avuto concrete risposte. Male, perchè non c'è più tempo, la gente non ha più pazienza e ormai non si fa impressionare più neppure dalle Istituzioni. Temiamo che questo governo di grande coalizione, più che di una occasione per tirarsi su le maniche e darsi da fare per salvare il Paese (un po' come avvenne per gli angeli del fango dell'alluvione di Firenze, magari fosse cosi!) sia in realtà un grande alibi per chi è stato incapace finora di risolvere i problemi e una maniera di guadagnare tempo per chi (potendoselo permettere) abbia necessità, il prima possibile , di portare al sicuro, all'estero, soldi, risorse e imprenditorialità. Tra poco, quindi, l'evasione fiscale potrebbe essere un problema definitivamente risolto per emigrazione senza ritorno (portandosi dietro il malloppo) di chi ha evaso. Nulla sul reddito minimo garantito, nulla sulle zone franche fiscali per lo sviluppo, nulla sull'abolizione dell'Irap. Certo, dell'Imu si parla, essa sembra il fulcro dello scontro. Perpetuando l'Imu probabilmente rovineremo coloro che non avendo liquidità dovranno vendersi casa (sottocosto agli speculatori) per pagarla (faccia molta attenzione, la Triplice: la sua platea è in gran parte quella di proprietari di case). Mantenendola consentiremo ai Comuni di non fallire smettendo di fornire servizi essenziali. Altro modo concreto di trovare questi soldi, se notate, non l'ha indicato nessuno. Manca un progetto, da parte di chiunque, che sia credibile e che permetta ai lavoratori di sposare l'una o l'altra tesi. Chi ha governato ha le sue colpe. Ma anche chi doveva fare opposizione e costruire una alternativa non ci sta proponendo altro che la scelta (valga per tutti proprio l'esempio dell'Imu) se finire in padella o nella brace. Diciamo qualcosa di impopolare: se una classe dirigente è l'espressione di un popolo (che l'ha votata o quanto meno le ha consentito, senza ribellioni, di conservarsi e, per la parte che ci interessa, di essere pungolata da sindacati di marzapane) non sarà forse il popolo italiano (gran parte di esso) ad avere qualche problemino nella propria mente e nella sua forza di volontà?