L'esplosione della rivolta sociale è
solo rinviata. Il governo Letta/Alfano (non poteva essere altrimenti)
dice di aver trovato finalmente i soldi per rifinanziare la Cassa
Integrazione “in deroga” e per prorogare fino al 31 dicembre i
contratti dei precari della PA. Sulla CIG in deroga, non noi ma i
tifosi dell'inciucio (tra cui Angeletti) fanno finta di cadere dalle
nuvole lamentandosi che questi soldi provengano per metà “dai
lavoratori” dato che sono stornati dagli incentivi ai premi di
produttività e dai fondi per la formazione professionale. Forse non
tutti sanno che quando sindacati di questo tipo urlano di dolore in
nome di presunti “lavoratori” in realtà usano gli stessi come
scudi umani perchè quei soldi tipicamente vanno a foraggiare
principalmente la burocrazia sindacale.E poiché quel tipo di
sindacati vede ormai solo nel denaro la propria ragione di esistenza,
osserviamo che, non volendo, il governo ha pescato bene le risorse e
i destinatari del rifinanziamento potranno dire, in tema di
redistribuzione del reddito, che quanto non si è mai riuscito a fare
nella società italiana è riuscito nel più ristretto panorama
sindacale. Direbbero i sociologi (nonostante il pianto di Angeletti)
che si sono realizzati in quel laboratorio dei primi elementi di
giustizia sociale. Quanto alla proroga di 6 mesi dei contratti dei
precari della PA, nessuno per ovvi motivi (cercate pure se volete) se
l'è sentita di sollevare critiche specifiche. Il cuore direbbe di
trovare una soluzione di stabilizzazione definitiva ma il cervello
(non crediate, anche quello degli stessi precari) ci dice che né la
proroga né la stabilizzazione (e tanto meno la cacciata) , in questo
contesto, possono essere soluzioni oneste a una questione che per
motivi ideologici nessuna delle forze politiche in campo sembra
essere in grado di affrontare di petto.
E' indubbio: siamo in recessione e
questo può giustificare la difficoltà di uscire dall'impasse. Ma il
confronto con ciò che sta accadendo nel resto del mondo sviluppato e
anche all'interno dell'Unione Europea dovrebbe farci riflettere e
dovrebbe convincere il novello Quartetto Cetra
(Camusso-Bonanni-Angeletti-Centrella) a lasciar perdere il vecchio
repertorio e a cercarsi nuovi autori.
USA, Giappone e Regno Unito stanno
crescendo. Nell'Eurozona i Paesi a noi paragonabili (per dimensioni)
, Francia e Germania, se la stanno cavando meglio di noi. L'Italia ha
un dato preoccupante soprattutto relativamente alla disoccupazione.
Proprio lì, sul Lavoro, la Germania ha saputo cambiare marcia. Cosa
che noi ancora non ci mettiamo in testa di fare. I più grossi
sindacati di casa nostra non sembrano essere in grado di aiutare i
lavoratori a attraversare il guado. Hanno paura di perdere potere,
influenza, soldi. Sta ai lavoratori svegliarsi e scegliersi altri
compagni di viaggio, pena la fame e l'emigrazione forzata
dall'Italia.Altro passaggio critico è quello delle tutele e del
mantenimento dei diritti. In Italia abbiamo una specificità: solo
una consistente minoranza di imprenditori crede anche in una propria
funzione sociale. Le Associazioni datoriali più seguite purtroppo
risentono e nella peggiore delle ipotesi assecondano un atteggiamento
egoistico, speculativo e piratesco di una ristretta maggioranza del
mondo imprenditoriale e professionale. E questo è un grande
problema, perchè la ritrovata competitività in un ambito di civiltà
del mondo del lavoro richiede una qualità media dei protagonisti che
difetta nel mondo datoriale. Ecco perchè qualsiasi processo di
riforma (contrariamente a quanto ritenuto dalla corrente di pensiero
Treu-Biagi-Sacconi-Damiano-Fornero) non può non vedere il
rafforzamento di un soggetto pubblico che accompagni le novità con
una vigilanza potenziata, intelligente, comprensiva o dura a seconda
delle variabili esigenze, a tutela del soggetto più debole. Oltre al
potenziamento, finchè la Giustizia non sarà in condizione di
riorganizzarsi, dell'arbitrato come strumento privilegiato nella
risoluzione (a costo zero per i lavoratori) delle controversie di
lavoro.Perchè non esistono scorciatoie nel cammino verso più
elevati livelli di civiltà nel mondo del lavoro e perchè non è
giusto che, a seconda della maggioranza al potere, chi dovrebbe
essere imparziale (la vigilanza statale) indossi l'una o l'altra
maglietta.E a garanzia dei lavoratori va garantita accessibilità e
pari dignità a tutte le organizzazioni sindacali in qualunque posto
di lavoro, accantonando una volta per tutte le tentazioni di
monopolizzare la rappresentanza e la contrattualistica. Diritti e
garanzie, poi, uguali per tutti i singoli lavoratori, qualsiasi sia
il loro contratto e la dimensione delle aziende in cui lavorano. In
altre parole, l'art. 18 dello Statuto dei Lavoratori va esteso a
tutti e l'art. 19 va riformato, prevenendo indebite e interessate
operazioni di manipolazione della rappresentanza sindacale da parte
dei soliti noti. Venga messo in soffitta pertanto l'accordo
scellerato (in odore di porcellum) tra triplice e confindustria del
giugno 2011.
Ma dove occorre mettere le mani, una
volta per tutte, una volta preparato il campo di gioco? I CCNL vanno
mantenuti ma completati da contratti territoriali e aziendali che
possano derogarli. Qualcuno ricorderà che oltre (naturalmente) a
Sacconi solo noi, a livello nazionale abbiamo colto gli spunti
interessanti del famoso articolo 8. Pur trattandosi da parte di
Sacconi di una marchetta pro Fiat e pro Marchionne, l'errore di gran
parte del mondo sindacale è stato però quallo di lasciare in mani
inadeguate (e malintenzionate) la bandiera del nuovo e della
flessibilità. Occorre superare tutte le precedenti riforme
liberalizzando i contratti di lavoro anche andando oltre a quanto
fatto in Germania.Giusto detassare completamente le nuove assunzioni.
Giusto premiare la produttività con norme più organiche e
generalizzate ma sacrosanto valorizzare i contratti di solidarietà o
la partecipazione dei lavoratori all'azionariato d'impresa in
coerenza con una seria valutazione delle effettive prospettive di
mercato di una azienda. Lasciar fallire le aziende decotte e fuori
mercato ma salvaguardare, con l'apporto responsabile dei lavoratori,
quelle che possono essere rilanciate, specie in territori difficili
(esempio la Sardegna) dove lo Stato potrebbe fare molto instaurando
zone franche dal punto di vista fiscale. Due questioni vanno infine
affrontate una volta per tutte, in maniera corretta. Il reddito di
cittadinanza al posto degli attuali ammortizzatori sociali. Vanno
superate le resistenze degli altri sindacati che si frappongono ogni
qual volta una scelta diminuisca il loro ruolo. Ma va anche
scongiurato (e questo accade da anni con la CIGO e la CIGS) il
fenomeno della perdita di stimoli e motivazioni da parte dei
lavoratori con la durata eccessiva dei trattamenti. E poi una volta
per tutte va debellata la schiavitù nel mondo del lavoro: quella
apertamente illegale (il caporalato, rimasto indifferente alla
strombazzata stretta repressiva sterilmente e fumosamente dettata
dalla CGIL) e quella legalizzata delle cooperative. Va tolta una
volta per tutte la vigilanza ai vigilati (le Centrali cooperative che
revisionano per conto dello Stato le loro stesse cooperative che
pagano loro la quota associativa) e affidata completamente allo
Stato, dando più poteri agli ispettori, almeno finchè non sarà
fatta pulizia di tutti gli amministratori delinquenti. Va
immediatamente sanata la posizione degli extracomunitari che
lavorano, vanno chiusi i CIE e va offerta a questi esseri umani,
anche per prevenire gravi fatti delinquenziali, una alternativa alla
schiavitù e al degrado. La polemica sullo ius soli è sospetta in
quanto è chiaro che è condotta non per fare il bene degli esseri
umani ma perchè si spera o si teme che l'afflusso di nuovi elettori
possa cambiare gli equilibri elettorali.
Quanto alla proroga dei contratti
precari della PA, la stessa (è bene che si dica la verità a questa
gente) è un semplice rinviare il problema. Vorremmo dire a quei
lavoratori, per lo più giovani, di affrancarsi dalla pelosa
solidarietà dei sindacati dei lavoratori pubblici che fingono di
tutelarli. La possibilità per loro di conservare un posto di lavoro,
valorizzare l'esperienza fatta e la loro professionalità è nella
costruzione di una nuova PA. Proprio quello che temono i sindacati
pubblici “rappresentativi” collusi con politica e dirigenza. La
Pubblica Amministrazione italiana, così come la conosciamo, è
vicina alla scadenza semplicemente perchè è divenuta impopolare e
spesso inutile agli occhi dei cittadini.Più volte abbiamo
indivuduato nelle Banche e nello Stato i nodi della crisi italiana. E
in particolare nell'attuale personale pubblico, sia funzionari che
dirigenti, un elemento fondamentale del cambiamento. Solo chi è
“dentro” infatti può, al contrario del resto dei cittadini che
sono all'esterno, comprendere e indicare ai soggetti preposti dove va
usato il bisturi, dove le manette e dove invece andrebbero sviluppate
nuove competenze e immesse, tramite i processi di mobilità interna,
nuove risorse umane. Il personale di ruolo è restio a mettersi in
gioco, per timore di perdere benefici consolidati. A nostro parere
potrebbero essere proprio i precari della PA il soggetto motore per
perseguire soluzioni nuove e rivoluzionarie, all'interno delle
Amministrazioni, proprio perchè è più incerto il proprio destino.
Temiamo invece che seguire la linea illusionistica di CGIL-CISL-UIL
(state con noi perchè prima o poi vi faremo assumere tutti) possa
portare al disastro. Un po' come è accaduto al resto del personale
pubblico che, dopo anni di sacrifici, di rinuncia (col meccanismo
delle RSU farlocche e della rappresentatività truccata) alla vera
democrazia partecipativa, di sostegno economico a sindacati in realtà
comandati dai direttori del personale, di debolezza e involontaria
complicità nel non affrontare i temi della produttività legata a
una effettiva pubblica utilità, è stato mandato allo sbaraglio da
quei stessi sindacati nei confronti dell'opinione pubblica (già
avevano la nomea di fannulloni e raccomandati prima ancora
dell'avvento di Brunetta) tanto che nessuno si scandalizza più, in
Italia, se per tre milioni di lavoratori l'adeguamento economico è
stato, è e sarà bloccato per anni.
In conclusione, poiché la realtà muta
in maniera sempre più convulsa e la puzza di zolfo aumenta, sarebbe
ora che i la maggioranza dei lavoratori privati e pubblici chiedesse
a CGIL-CISL-UIL la restituzione dei propri cervelli e portafogli
indebitamente a loro lasciati in custodia da trent'anni.
Ce la farà?