Confederazione Sindacale A.G.L. Alleanza Generale del Lavoro
venerdì 27 dicembre 2013
martedì 17 dicembre 2013
ALCOM-AGL (Lavoratori delle Comunicazioni) : MOBILITIAMOCI CONTRO IL TENTATIVO DI INTRODURRE LA WEB-TAX. DIFENDIAMO LA LIBERTA' E IL NOSTRO FUTURO!
L'ALCOM-AGL (Federazione dei lavoratori delle Comunicazioni) si schiera contro chi , nel governo e nel parlamento, sta tentando di introdurre la follia della Web-Tax. Si tratterebbe di un provvedimento gravissimo che inciderebbe in maniera letale sulle libertà e sulle possibilità di sviluppo del nostro Paese.
Riportiamo di seguito, per una completa illustrazione della complessa questione, un post tratto da http://www.byoblu.com a firma di Claudio Messora.
"""""""""Chiunque abbia fatto una guerra (e sia sopravvissuto), vi dirà che i conflitti sono i più grandi ascensori sociali. Chi era su finisce giù, e viceversa. Così è internet. Immaginate il mondo là fuori come una grande ragnatela di interessi e di equilibri: appena qualcosa si muove grossi aracnidi monopolisti, specializzati nel presidio di migliaia di filamenti, con i loro tentacoli chitinosi capaci di percepire impercettibili vibrazioni, avvolgono in un bozzolo vischioso ogni più piccolo tentativo di innovazione. Sono le lobby dell’informazione, dell’editoria, del commercio, immersi nei loro enormi gangli di potere che non sono disposti a cedere. Poco importa che così facendo paralizzino la società: l’importante è che i loro grossi ventri molli restino pingui e ben pasciuti. Poi arriva la rete, quella digitale. Informazioni, beni e servizi iniziano a transitare per vie impossibili da presidiare. Sono fatti di idee, sono comunicazione allo stato puro: nessuna barriera fisica li può fermare. Dove il mondo precedente era fatto di grandi pachidermi, di frontiere, di dazi, di proibizionismo, di censura e di poteri centrali, quello nuovo è agile come un esercito di acrobati, non ha confini se non quelli dell’immaginazione, è libero come le ali della fantasia, è impossibile da costringere in un pensiero unico ed è dominato da multiformi, cangianti concentrazioni di energie individuali, che si concentrano a realizzare un obiettivo e poi si disperdono facendo perdere ogni traccia di sé. Chiunque può costruire un ponte tra se stesso e gli altri, in una dimensione parallela rispetto a quella popolata da feroci sentinelle poste a guardia di privilegi indebiti, e farvi transitare idee originali e di successo che viaggiano alla velocità del pensiero, trasportando opportunità e trasformandole in economie reali. Internet è un ascensore sociale di incredibile potenza. Per questo va abbattuto. Così è iniziata la lunga e triste storia degli attacchi alla rete. L’Italia è all’avanguardia: è la Cina dell’ovest, con l’aggravante che è molto più oscurantista e medioevale. Nonostante studi approfonditi della Banca Mondiale, di Google, dell’Oecd, del Boston Consulting Group e di Confindustria Digitale dimostrino inequivocabilmente che una buona infrastruttura digitale consentirebbe di risparmiare non meno di 40 miliardi l’anno (con soli 10 miliardi di investimenti iniziali, secondo calcoli di Alcatel-Lucent confermati da consorterie cinesi), che a una crescita della penetrazione della banda larga tra il 13% e il 18% corrisponderebbero incrementi di Pil compresi tra il 3,3% e il 4,3% (di cui il 75% a vantaggio dell’industria tradizionale), e nonostante il McKinsey Global Institute dimostri che internet crea più posti di lavoro di quanti ne distrugge, il nostro Paese è tra gli ultimi per la qualità delle sue infrastrutture digitali, per il numero di cittadini connessi alla rete così come per la velocità di download (93°, dopo le Fiji) e di upload (143°, dopo il classico Trinidad e Tobago). La politica, essendo espressione delle lobby dell’editoria televisiva e temendo la diffusione di contenuti multimediali concorrenti non meno della diffusione della conoscenza e dell’informazione libera, ha non solo disincentivato nel passato l’evoluzione digitale della nostra economia, ma la ha proprio decisamente ostacolata grazie al non adeguamento delle normative e alla continua minaccia, spesso ma non sempre disinnescata grazie alla mobilitazione di blog e associazioni, di atti legislativi ostili. (vedi: “A cosa serve internet“).
Chi si illudeva che un governo di centro-sinistra, apparentemente “progressista”, avrebbe potuto invertire questa tendenza dando seguito alle direttive sull’adeguamento delle infrastrutture digitali emanate dall’Unione Europea (che fa testo solo quando impone austerity e tagli alla spesa pubblica), è oggi costretto a scendere dal proverbiale pero e constatare che contro la Rete poté di più il Partito Democratico che 20 anni di Forza Italia e Popolo delle Libertà messe insieme. Quello che il partito del rottamatore di Arcore è riuscito a fare in pochi mesi di legislatura contro le libertà digitali ha dell’incredibile. Vogliono gli Stati Uniti d’Europa, sono disposti a cedere qualunque tipo di sovranità pur di ottenerla, si stracciano le vesti quando un economista parla di una riappropriazione del sistema monetario o dell’imposizione di dazi verso i Brics, ma quando si tratta di internet sono più protezionisti di Ficthe e di List messi insieme. La Commissione Bilancio alla Camera ha approvato un emendamento di Edoardo Fanucci (Pd) alla Legge di Stabilità, sostenuto dal presidente della Commissione Francesco Boccia (Pd), che istituisce la cosiddetta Web Tax. Recita così: «i soggetti passivi che intendano acquistare servizi online, sia come commercio elettronico diretto che indiretto, anche attraverso centri media ed operatori terzi, sono obbligati ad acquistarli da soggetti titolari di una partita Iva italiana». Cosa significa? Che d’ora in poi non potremo più acquistare merce o software o servizi di qualunque tipo da siti che non abbiano aperto una partita Iva italiana. Quello che non esiste da nessun’altra parte in Europa, da noi sta per diventare realtà. Da Amazon a Google a qualunque altra impresa anche piccola, magari operante dall’altra parte del globo: saremo tagliati fuori da tutto, perché è evidente che il servizio che sarà disponibile agli altri cittadini europei, fornito magari da una piccola società del Michigan, a noi sarà precluso, essendo nei fatti impossibile dall’estero espletare tutte le pratiche previste dalla burocrazia italiana per sobbarcarsi l’onere di una posizione fiscale nel Paese più tartassato e oberato di scartoffie amministrative del mondo civilizzato. Ed è ipotizzabile che anche i giganti del web, che trovano nell’Italia un mercato del tutto marginale, possano abbandonarlo a se stesso per concentrarsi su territori meno oscurantisti e più redditizi. Vero è che oggi i colossi digitali fatturano nei paesi fiscalmente più convenienti, come l’Irlanda, ma nell’era dell’integrazione politica a tutti i costi, vuoi vedere che l’unica soluzione che non si può trovare a livello comunitario è quella di un riequilibrio delle politiche fiscali? Ci crede così poco, Letta, all’Unione Europa alla quale sacrifica ogni politica nazionale diversa da quella digitale?
Ma la scure della Santa Inquisizione democratica non si ferma. Nel Consiglio dei Ministri di venerdì scorso, il proverbiale “venerdì 13”, il governo delle ex larghe intese (“Tesoro, mi si sono ristrette le intese”) ha varato un decreto che sferza un altro micidiale colpo sui motori di ricerca e sulla stessa libertà di informazione. Sotto evidente dettatura delle morenti lobby dell’editoria cartacea, viene incredibilmente sancito che prima di “linkare, indicizzare, embeddare, aggregare” un contenuto giornalistico è necessario chiedere il permesso all’editore. Avete capito bene: la fine dei provider di ricerca che indicizzano le ultime notizie per poi rimandarvi eventualmente alla fonte (viene in mente Google News). Ora dovranno stringere accordi preventivi con gli editori, che si possono immaginare economicamente svantaggiosi. Ma se quel “linkare ed embeddare” evoca sinistri presagi che aleggiano sui blog, i quali si ritroveranno a domandarsi se possono ancora inserire collegamenti ipertestuali agli articoli dei giornali, o citarne stralci, senza dover essere costretti a firmare improbabili contratti con Rcs o con il Gruppo Editoriale l’Espresso, quell’”aggregare” evoca scenari esilaranti nei quali potrebbero diventare illegali in un colpo solo tutti i feed reader privi di autorizzazione e trasformare i vostri pc in tante pericolose rotative clandestine. Un ennesimo regalo all’editoria e un inesplicabile duro colpo allo sviluppo della cultura della circolazione delle informazioni, attuato per decreto e ancora una volta senza il coinvolgimento del dibattito parlamentare.
E senza alcun dibattito parlamentare si è consumato una vero e proprio sopruso, un atto autoritario, antidemocratico e probabilmente anche incostituzionale, perpetrato dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, che il 12 dicembre ha varato una delibera che non ha precedenti altrove nel mondo e che consegna la libertà di pensiero al suo antagonista storico, l’insieme dei gruppi di pressione che tutelano il copyright, eliminando con un colpo di spugna l’attribuzione del potere giudiziario ai magistrati e conferendolo agli avvocati delle lobby, i quali in presenza (a loro insindacabile giudizio) di “un’opera, o parti di essa, di carattere sonoro, audiovisivo, fotografico, videoludico, editoriale e letterario, inclusi i programmi applicativi e i sistemi operativi per elaboratore, tutelata dalla Legge sul diritto d’autore e diffusa su reti di comunicazione elettronica”, potranno segnalarla all’Agcom che nel giro di pochi giorni potrà ordinare agli internet provider di oscurarla o rimuoverla. Per chi si illudeva che anche il nostro Paese, un giorno, avrebbe visto la nascita di un principio sacrosanto come quello del Fair Use, in vigore altrove, che consente ai cittadini di diffondere stralci di opere protette dal diritto di autore al fine di realizzare un dibattito o di stimolare una discussione attinente, la delibera Agcom appena emanata rappresenta la fine di ogni speranza. Tutto, qualunque contenuto presente in rete, secondo le definizioni di cui sopra, potrà essere oggetto di rivendicazione da parte degli editori. Un video su internet che contiene alcuni spezzoni di un telegiornale o di un servizio giornalistico, una foto pubblicata su un blog, anche se modificata in senso umoristico, magari elaborata a comporre un fotomontaggio, uno stralcio di articolo tratto da un giornale, l’audio del saggio di pianoforte di vostra figlia nel quale l’editore dello spartito riconosce l’uso della diteggiatura da lui depositata, tutto potrà risultare in una segnalazione effettuata all’Agcom che potrà ordinare al vostro hosting provider, o magari a YouTube, di cancellare il vostro blog in tutto o in parte, così come il vostro video. E poiché il provider o il fornitore di servizi di condivisione che nel volgere di pochissimi giorni non dovesse ottemperare, si troverebbe a pagare una sanzione che può arrivare fino a 250mila euro, si può tranquillamente puntare sul rosso e scommettere sul fatto che le segnalazioni inoltrate dall’Agcom verranno immediatamente tradotte nella rimozione dei contenuti controversi, e magari nell’oscuramento di tutto il sito. Interi blog di informazione, pieni di citazioni, di clip multimediali e di composizioni fotografiche, potrebbero scomparire dal 1 di aprile, data di entrata in vigore della normativa. Scavalcando a volo d’uccello l’unico potere che secondo la Costituzione può limitare la libertà di espressione: la magistratura. E purtroppo non si tratterà di un pesce d’aprile. Ed è notizia dell’ultima ora che, in un documento confidenziale inviato al Governo italiano nientemeno che dal vicepresidente della Commissione Europea Maros Sefcovic, Commissario alle relazioni istituzionali, si chiede alle autorità italiane di chiarire in che modo intendono garantire la protezione dei diritti fondamentali dei cittadini nell’applicazione del regolamento Agcom. (vedi: “Il web ha un mese e mezzo di vita“).
Come se non bastasse, sempre nell’ottica di agevolare lo sviluppo delle nuove tecnologie e la diffusione della cultura digitale, il decreto del Consiglio dei Ministri di venerdì scorso ha escluso l’editoria elettronica (i produttori di ebook) dalle incentivazioni per l’editoria. E ha già annunciato che la settimana prossima varerà un nuovo decreto che imporrà balzelli sugli smartphone, sui tablet e sui pc, per un ammontare complessivo che nel 2014 assommerà a cento milioni di euro. Anziché spingere l’Italia e gli italiani verso la modernità, nel doveroso tentativo di mettersi perlomeno in scia con il progresso tecnologico che sostiene i popoli degli altri paesi del mondo nella loro domanda di competitività, il “progressista” Enrico Letta assesta con il suo Governo i colpi più devastanti che la storia degli attacchi alla Rete in Italia ricordi, caratterizzandosi come uno degli alfieri delle lobby più cinico e spietato, e come uno dei nemici della conoscenza distribuita, dell’innovazione e della mobilità sociale che le nuove tecnologie consentono, più ostile e oscurantista. Quanto costerà tutto questo alla nostra economia, in termini di ritardo nello sviluppo e dunque in termini di ulteriore perdita di produttività, purtroppo, lo scopriranno ancora una volta i nostri figli.CLAUDIO MESSORA, 17/12/2013"""""""""
Riportiamo di seguito, per una completa illustrazione della complessa questione, un post tratto da http://www.byoblu.com a firma di Claudio Messora.
"""""""""Chiunque abbia fatto una guerra (e sia sopravvissuto), vi dirà che i conflitti sono i più grandi ascensori sociali. Chi era su finisce giù, e viceversa. Così è internet. Immaginate il mondo là fuori come una grande ragnatela di interessi e di equilibri: appena qualcosa si muove grossi aracnidi monopolisti, specializzati nel presidio di migliaia di filamenti, con i loro tentacoli chitinosi capaci di percepire impercettibili vibrazioni, avvolgono in un bozzolo vischioso ogni più piccolo tentativo di innovazione. Sono le lobby dell’informazione, dell’editoria, del commercio, immersi nei loro enormi gangli di potere che non sono disposti a cedere. Poco importa che così facendo paralizzino la società: l’importante è che i loro grossi ventri molli restino pingui e ben pasciuti. Poi arriva la rete, quella digitale. Informazioni, beni e servizi iniziano a transitare per vie impossibili da presidiare. Sono fatti di idee, sono comunicazione allo stato puro: nessuna barriera fisica li può fermare. Dove il mondo precedente era fatto di grandi pachidermi, di frontiere, di dazi, di proibizionismo, di censura e di poteri centrali, quello nuovo è agile come un esercito di acrobati, non ha confini se non quelli dell’immaginazione, è libero come le ali della fantasia, è impossibile da costringere in un pensiero unico ed è dominato da multiformi, cangianti concentrazioni di energie individuali, che si concentrano a realizzare un obiettivo e poi si disperdono facendo perdere ogni traccia di sé. Chiunque può costruire un ponte tra se stesso e gli altri, in una dimensione parallela rispetto a quella popolata da feroci sentinelle poste a guardia di privilegi indebiti, e farvi transitare idee originali e di successo che viaggiano alla velocità del pensiero, trasportando opportunità e trasformandole in economie reali. Internet è un ascensore sociale di incredibile potenza. Per questo va abbattuto. Così è iniziata la lunga e triste storia degli attacchi alla rete. L’Italia è all’avanguardia: è la Cina dell’ovest, con l’aggravante che è molto più oscurantista e medioevale. Nonostante studi approfonditi della Banca Mondiale, di Google, dell’Oecd, del Boston Consulting Group e di Confindustria Digitale dimostrino inequivocabilmente che una buona infrastruttura digitale consentirebbe di risparmiare non meno di 40 miliardi l’anno (con soli 10 miliardi di investimenti iniziali, secondo calcoli di Alcatel-Lucent confermati da consorterie cinesi), che a una crescita della penetrazione della banda larga tra il 13% e il 18% corrisponderebbero incrementi di Pil compresi tra il 3,3% e il 4,3% (di cui il 75% a vantaggio dell’industria tradizionale), e nonostante il McKinsey Global Institute dimostri che internet crea più posti di lavoro di quanti ne distrugge, il nostro Paese è tra gli ultimi per la qualità delle sue infrastrutture digitali, per il numero di cittadini connessi alla rete così come per la velocità di download (93°, dopo le Fiji) e di upload (143°, dopo il classico Trinidad e Tobago). La politica, essendo espressione delle lobby dell’editoria televisiva e temendo la diffusione di contenuti multimediali concorrenti non meno della diffusione della conoscenza e dell’informazione libera, ha non solo disincentivato nel passato l’evoluzione digitale della nostra economia, ma la ha proprio decisamente ostacolata grazie al non adeguamento delle normative e alla continua minaccia, spesso ma non sempre disinnescata grazie alla mobilitazione di blog e associazioni, di atti legislativi ostili. (vedi: “A cosa serve internet“).
Chi si illudeva che un governo di centro-sinistra, apparentemente “progressista”, avrebbe potuto invertire questa tendenza dando seguito alle direttive sull’adeguamento delle infrastrutture digitali emanate dall’Unione Europea (che fa testo solo quando impone austerity e tagli alla spesa pubblica), è oggi costretto a scendere dal proverbiale pero e constatare che contro la Rete poté di più il Partito Democratico che 20 anni di Forza Italia e Popolo delle Libertà messe insieme. Quello che il partito del rottamatore di Arcore è riuscito a fare in pochi mesi di legislatura contro le libertà digitali ha dell’incredibile. Vogliono gli Stati Uniti d’Europa, sono disposti a cedere qualunque tipo di sovranità pur di ottenerla, si stracciano le vesti quando un economista parla di una riappropriazione del sistema monetario o dell’imposizione di dazi verso i Brics, ma quando si tratta di internet sono più protezionisti di Ficthe e di List messi insieme. La Commissione Bilancio alla Camera ha approvato un emendamento di Edoardo Fanucci (Pd) alla Legge di Stabilità, sostenuto dal presidente della Commissione Francesco Boccia (Pd), che istituisce la cosiddetta Web Tax. Recita così: «i soggetti passivi che intendano acquistare servizi online, sia come commercio elettronico diretto che indiretto, anche attraverso centri media ed operatori terzi, sono obbligati ad acquistarli da soggetti titolari di una partita Iva italiana». Cosa significa? Che d’ora in poi non potremo più acquistare merce o software o servizi di qualunque tipo da siti che non abbiano aperto una partita Iva italiana. Quello che non esiste da nessun’altra parte in Europa, da noi sta per diventare realtà. Da Amazon a Google a qualunque altra impresa anche piccola, magari operante dall’altra parte del globo: saremo tagliati fuori da tutto, perché è evidente che il servizio che sarà disponibile agli altri cittadini europei, fornito magari da una piccola società del Michigan, a noi sarà precluso, essendo nei fatti impossibile dall’estero espletare tutte le pratiche previste dalla burocrazia italiana per sobbarcarsi l’onere di una posizione fiscale nel Paese più tartassato e oberato di scartoffie amministrative del mondo civilizzato. Ed è ipotizzabile che anche i giganti del web, che trovano nell’Italia un mercato del tutto marginale, possano abbandonarlo a se stesso per concentrarsi su territori meno oscurantisti e più redditizi. Vero è che oggi i colossi digitali fatturano nei paesi fiscalmente più convenienti, come l’Irlanda, ma nell’era dell’integrazione politica a tutti i costi, vuoi vedere che l’unica soluzione che non si può trovare a livello comunitario è quella di un riequilibrio delle politiche fiscali? Ci crede così poco, Letta, all’Unione Europa alla quale sacrifica ogni politica nazionale diversa da quella digitale?
Ma la scure della Santa Inquisizione democratica non si ferma. Nel Consiglio dei Ministri di venerdì scorso, il proverbiale “venerdì 13”, il governo delle ex larghe intese (“Tesoro, mi si sono ristrette le intese”) ha varato un decreto che sferza un altro micidiale colpo sui motori di ricerca e sulla stessa libertà di informazione. Sotto evidente dettatura delle morenti lobby dell’editoria cartacea, viene incredibilmente sancito che prima di “linkare, indicizzare, embeddare, aggregare” un contenuto giornalistico è necessario chiedere il permesso all’editore. Avete capito bene: la fine dei provider di ricerca che indicizzano le ultime notizie per poi rimandarvi eventualmente alla fonte (viene in mente Google News). Ora dovranno stringere accordi preventivi con gli editori, che si possono immaginare economicamente svantaggiosi. Ma se quel “linkare ed embeddare” evoca sinistri presagi che aleggiano sui blog, i quali si ritroveranno a domandarsi se possono ancora inserire collegamenti ipertestuali agli articoli dei giornali, o citarne stralci, senza dover essere costretti a firmare improbabili contratti con Rcs o con il Gruppo Editoriale l’Espresso, quell’”aggregare” evoca scenari esilaranti nei quali potrebbero diventare illegali in un colpo solo tutti i feed reader privi di autorizzazione e trasformare i vostri pc in tante pericolose rotative clandestine. Un ennesimo regalo all’editoria e un inesplicabile duro colpo allo sviluppo della cultura della circolazione delle informazioni, attuato per decreto e ancora una volta senza il coinvolgimento del dibattito parlamentare.
E senza alcun dibattito parlamentare si è consumato una vero e proprio sopruso, un atto autoritario, antidemocratico e probabilmente anche incostituzionale, perpetrato dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, che il 12 dicembre ha varato una delibera che non ha precedenti altrove nel mondo e che consegna la libertà di pensiero al suo antagonista storico, l’insieme dei gruppi di pressione che tutelano il copyright, eliminando con un colpo di spugna l’attribuzione del potere giudiziario ai magistrati e conferendolo agli avvocati delle lobby, i quali in presenza (a loro insindacabile giudizio) di “un’opera, o parti di essa, di carattere sonoro, audiovisivo, fotografico, videoludico, editoriale e letterario, inclusi i programmi applicativi e i sistemi operativi per elaboratore, tutelata dalla Legge sul diritto d’autore e diffusa su reti di comunicazione elettronica”, potranno segnalarla all’Agcom che nel giro di pochi giorni potrà ordinare agli internet provider di oscurarla o rimuoverla. Per chi si illudeva che anche il nostro Paese, un giorno, avrebbe visto la nascita di un principio sacrosanto come quello del Fair Use, in vigore altrove, che consente ai cittadini di diffondere stralci di opere protette dal diritto di autore al fine di realizzare un dibattito o di stimolare una discussione attinente, la delibera Agcom appena emanata rappresenta la fine di ogni speranza. Tutto, qualunque contenuto presente in rete, secondo le definizioni di cui sopra, potrà essere oggetto di rivendicazione da parte degli editori. Un video su internet che contiene alcuni spezzoni di un telegiornale o di un servizio giornalistico, una foto pubblicata su un blog, anche se modificata in senso umoristico, magari elaborata a comporre un fotomontaggio, uno stralcio di articolo tratto da un giornale, l’audio del saggio di pianoforte di vostra figlia nel quale l’editore dello spartito riconosce l’uso della diteggiatura da lui depositata, tutto potrà risultare in una segnalazione effettuata all’Agcom che potrà ordinare al vostro hosting provider, o magari a YouTube, di cancellare il vostro blog in tutto o in parte, così come il vostro video. E poiché il provider o il fornitore di servizi di condivisione che nel volgere di pochissimi giorni non dovesse ottemperare, si troverebbe a pagare una sanzione che può arrivare fino a 250mila euro, si può tranquillamente puntare sul rosso e scommettere sul fatto che le segnalazioni inoltrate dall’Agcom verranno immediatamente tradotte nella rimozione dei contenuti controversi, e magari nell’oscuramento di tutto il sito. Interi blog di informazione, pieni di citazioni, di clip multimediali e di composizioni fotografiche, potrebbero scomparire dal 1 di aprile, data di entrata in vigore della normativa. Scavalcando a volo d’uccello l’unico potere che secondo la Costituzione può limitare la libertà di espressione: la magistratura. E purtroppo non si tratterà di un pesce d’aprile. Ed è notizia dell’ultima ora che, in un documento confidenziale inviato al Governo italiano nientemeno che dal vicepresidente della Commissione Europea Maros Sefcovic, Commissario alle relazioni istituzionali, si chiede alle autorità italiane di chiarire in che modo intendono garantire la protezione dei diritti fondamentali dei cittadini nell’applicazione del regolamento Agcom. (vedi: “Il web ha un mese e mezzo di vita“).
Come se non bastasse, sempre nell’ottica di agevolare lo sviluppo delle nuove tecnologie e la diffusione della cultura digitale, il decreto del Consiglio dei Ministri di venerdì scorso ha escluso l’editoria elettronica (i produttori di ebook) dalle incentivazioni per l’editoria. E ha già annunciato che la settimana prossima varerà un nuovo decreto che imporrà balzelli sugli smartphone, sui tablet e sui pc, per un ammontare complessivo che nel 2014 assommerà a cento milioni di euro. Anziché spingere l’Italia e gli italiani verso la modernità, nel doveroso tentativo di mettersi perlomeno in scia con il progresso tecnologico che sostiene i popoli degli altri paesi del mondo nella loro domanda di competitività, il “progressista” Enrico Letta assesta con il suo Governo i colpi più devastanti che la storia degli attacchi alla Rete in Italia ricordi, caratterizzandosi come uno degli alfieri delle lobby più cinico e spietato, e come uno dei nemici della conoscenza distribuita, dell’innovazione e della mobilità sociale che le nuove tecnologie consentono, più ostile e oscurantista. Quanto costerà tutto questo alla nostra economia, in termini di ritardo nello sviluppo e dunque in termini di ulteriore perdita di produttività, purtroppo, lo scopriranno ancora una volta i nostri figli.CLAUDIO MESSORA, 17/12/2013"""""""""
mercoledì 4 dicembre 2013
7 LAVORATORI CINESI MORTI: I MAGISTRATI: “4 INDAGATI CINESI,PER ORA, MA LE INDAGINI POTREBBERO ALLARGARSI AD ALTRI SOGGETTI...”. SPERIAMO!
(foto da www.ansa.it)
GIOVANNINI (Ministro del Lavoro): "MAI
PIU' SIMILI EPISODI" -"Simili episodi non possono e non
debbono ripetersi". Lo ha detto oggi il ministro del
Lavoro Enrico Giovannini, rifererendo alla Camera
sulla strage di Prato . Purtroppo è un'ulteriore dimostrazione delle
conseguenze di condotte volte a negare tutele legali ai lavoratori".
"Non si può abbassare la guardia nell'opera di prevenzione e
controllo sulla normativa di settore". A Prato, ha aggiunto il
ministro, che è "un importante distretto tessile", risulta
difficile "l'operazione di controllo e prevenzione".
Giovannini ha poi spiegato che c'è una "programmazione a
cadenza settimanale di interventi mirati e coordinati con gruppo
interforze". Resta comunque una "condizione di
insostenibile e illegale sfruttamento".
29 NOVEMBRE 2013: ECCO QUANTO AVEVA
APPENA RESO NOTO IL MINISTERO DEL LAVORO (NON SI CAPISCE BENE
RELATIVAMENTE A QUALE PIANETA) :
“Ministero del Lavoro e delle Politiche
Sociali
Ufficio Stampa
Lavoro, irregolari metà delle aziende
ispezionate, in aumento lavoro nero, finte collaborazioni e partite
IVA
Lavoro irregolare sotto la lente degli ispettori. Il
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali comunica i risultati
del l'attività di vigilanza sulla mancata applicazione delle norme
previdenziali e della prevenzione e sicurezza del lavoro.
Nel periodo gennaio-settembre 2013 sono state
ispezionate 101.912 aziende, in lieve aumento (0,1%) rispetto allo
stesso periodo nell'anno precedente; in 56.003 aziende, pari al 55%
di quelle controllate, sono stare riscontrate delle irregolarità. La
costanza del numero delle aziende ispezionate scaturisce da una
specifica strategia del Ministero, mirata a concentrare le verifiche
verso obiettivi significativi in relazione a fenomeni irregolari di
rilevanza sociale: lavoro nero, tutela dei minori, sfruttamento
extracomunitari clandestini, elusione contributiva e sicurezza sul
lavoro.
Le ispezioni hanno consentito di verificare 202.379
posizioni lavorative (in diminuzione del 29,3% rispetto a
gennaio-settembre 2012) con l'individuazione di 91.109 lavoratori
irregolari, di cui 32.548 totalmente in nero (pari al 36% dei
lavoratori irregolari, con un aumento di 5 punti percentuali rispetto
allo scorso anno). In 439 casi è stata riscontrata una violazione
penale per impiego di lavoratori minori, mentre è stato individuato
l'impiego di 816 lavoratori extracomunitari clandestini, circa il
2,5% dei lavoratori in nero, in lieve diminuzione rispetto allo
stesso periodo del 2012.
Il lavoro irregolare è diffuso in tutti i settori
di attività economica, tuttavia la quota del lavoro nero si annida
maggiormente in agricoltura (58% degli irregolari) e nell'edilizia
(43%).
Tutti gli altri fenomeni, quali ad esempio appalti
illeciti, l'uso non corretto del contratto di somministrazione (7.548
numero di lavoratori coinvolti) e le violazioni della disciplina in
materia di orario di lavoro (10.082 lavoratori) subiscono una decisa
riduzione.
Violazioni rispetto alle norme di prevenzione e
sicurezza del lavoro sono state riscontrate in 24.316 aziende, pari
al 25,8% delle aziende ispezionate, con una diminuzione di 5 punti
percentuali rispetto allo stesso periodo del 2012.
Infine, nonostante gli irrigidimenti previsti dalla
legge 92 del 2012, si riscontra un aumento del le "riqualificazioni"
dei rapporti di lavoro, che avvengono nel caso in cui l'ispettore
giudica diversamente un rapporto di lavoro, sia dipendente sia
autonomo, come nel caso delle collaborazioni a progetto non genuine e
delle false partite Iva. Le riqualificazioni nel periodo
gennaio-settembre 2013 sono complessivamente 14.520, corrispondenti a
circa il 26% dei lavoratori irregolari, con un aumento di 6 punti
percentuali rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.
Dal punto di vista finanziario, le sanzioni per le
irregolarità riscontrate ammontano complessivamente a 78,1 milioni
di euro, con una diminuzione di circa 13 milioni di euro (-14,2%)
rispetto all'anno precedente.
Si allega la tabella
dei dati
Roma 29 novembre 2013”
Domanda: visto che sono scattate le indagini,
gradiremmo sapere nome e cognome di chi sapeva e non ha adempiuto ai
suoi doveri di ufficio. E di chi, dall'alto, o non ha controllato se
determinate attività ispettive venivano svolte con la dovuta
incisività o si è adoperato, dati i rilevanti interessi economici
italiani alla presenza di queste realtà apparentemente solo cinesi,
affinchè veri controlli non venissero fatti.
E poi: in Italia gira la voce che quando viene
denunciato qualcosa che non va nei luoghi di lavoro è vero che le
ispezioni vengono disposte ma molte volte avvisando, da parte di
funzionari e dirigenti pubblici infedeli, i datori di lavoro
interessati con congruo anticipo in modo che possano salvarsi.
Domandiamo alle Forze dell'Ordine e alla
Magistratura: sono mai state fatte indagini e intercettazioni sulla
reale consistenza di questo fenomeno? E se si trattasse di una
pratica corrente, in quali reali condizioni di sicurezza opererebbero
milioni di lavoratori italiani e stranieri?
Se questi sono i risultati dell'attività di
vigilanza non sarebbe meglio che le relative funzioni venissero tolte
a chi non le sa esercitare da decenni e, nell'ambito di una spending
review, fossero affidate a soggetti più seri, ad esempio alle Forze
dell'Ordine, direttamente? Chiudendo rami della Pubblica
Amministrazione che da anni dimostrano di non servire a nulla
(ovviamente salvaguardando il posto di lavoro solo per coloro che
fino ad oggi vi hanno lavorato seriamente)?
E infine non sappiamo se chi di dovere in Italia
riuscirà a perseguire gli eventuali responsabili nostri connazionali
di questa sciagura ma se ciò avvenisse ci piacerebbe che venissero,
per scontare la pena, affidati , per una volta, alle Autorità
Cinesi......
AGL
AGL
martedì 3 dicembre 2013
COOPERATIVE: IL MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO DECRETA LA FINE DELL'UNCI E DEL FONDO MUTUALISTICO PROMOCOOP
pubblicato sulla gazzetta ufficiale n.275 del 23 nov.2013
IL MINISTRO DELLO SVILUPPO ECONOMICO Visto l'articolo 45, comma 1, della Costituzione; Visto il decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577; Visto il decreto del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale 18 luglio 1975, pubblicato per estratto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 211 dell'8 agosto 1975, con il quale l'Unione nazionale cooperative italiane (U.N.C.I.) e' stata riconosciuta quale associazione nazionale di rappresentanza assistenza e tutela del movimento cooperativo, ai sensi e per gli effetti degli articoli 4 e 5 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato n. 1577 del 1947, e ne e' stato altresi' approvato il relativo statuto; Visti gli articoli 27 e 28 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 recante la riforma dell'organizzazione del Governo, a norma dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59, con i quali si attribuiscono al Ministero delle attivita' produttive le funzioni ed i compiti gia' di competenza del Ministero del lavoro e della previdenza sociale in materia di cooperazione; Visto il decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181, convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2006, n. 233, ed in particolare l'articolo 1, comma 12, il quale dispone che la denominazione «Ministero dello sviluppo economico» sostituisce, ad ogni effetto e ovunque presente, la denominazione «Ministero delle attivita' produttive» in relazione alle funzioni gia' conferite a tale Dicastero; Visto l'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361, recante norme per la semplificazione dei procedimenti di riconoscimento di persone giuridiche private e di approvazione delle modifiche dell'atto costitutivo e dello statuto; Visto l'articolo 3 del decreto legislativo 2 agosto 2002, n. 220 ed in particolare il comma 7, in forza del quale il Ministro delle attivita' produttive puo' revocare il riconoscimento alle Associazioni nazionali che non sono in grado di assolvere efficacemente le proprie funzioni di vigilanza sugli enti cooperativi associati; Visto il decreto del Presidente della Repubblica 28 novembre 2008, n. 197, recante il regolamento di organizzazione del Ministero dello sviluppo economico; Vista la relazione del Direttore Generale per le piccole medie imprese e gli enti cooperativi, allegata alla nota prot. n. 121080 in data 17 luglio 2013, con la quale sono state segnalate perduranti problematiche ed inefficienze nell'attivita' di vigilanza dell'U.N.C.I. nei confronti delle cooperative associate, stante il persistere di una conflittualita' interna circa il soggetto titolato all'effettiva rappresentanza dell'associazione, manifestata dalla nomina di rappresentanti legali eletti in adunanze separate, indette di volta in volta da organi oggetto di contestazione, con deliberazioni impugnate in sede giurisdizionale che hanno determinato pronunce difformi e non definitive, rese in sede cautelare; Vista la relazione dei Sindaci dell'U.N.C.I. i quali nel mese di dicembre 2010 avevano segnalato un perdurante stato di immobilita' dell'attivita' amministrativa dell'Associazione di rappresentanza, a seguito del conflitto insorto in seno ai relativi organi statutari, il quale non consentiva un andamento ordinato della gestione amministrativa e associativa, con conseguente mancata approvazione del bilancio consuntivo 2009 e del bilancio preventivo 2010 nonche' delle quote associative per l'anno 2010, atti indispensabili per il corretto svolgimento della vita associativa; Viste le risultanze dell'attivita' di vigilanza svolta dal Ministero nei confronti dell'Associazione nell'anno 2011, che ha confermato irregolarita' gestionali consistenti nella mancata approvazione di bilanci, nelle intervenute modifiche statutarie in contrasto con le indicazioni ministeriali, nelle ricorrenti carenze nella redazione dei verbali di revisione da parte dei revisori incaricati dall'U.N.C.I.; Viste le diffide rivolte all'U.N.C.I. a disporre specifici correttivi nell'organizzazione dell'attivita' revisionale, da attuarsi mediante programmazione e realizzazione di attivita' formativa e di aggiornamento dei revisori, in esito alle quali sono pervenute risposte contrastanti dai diversi soggetti che rivendicavano, contemporaneamente ed in conflitto tra di loro, la titolarita' della qualita' di legale rappresentante dell'Associazione; Preso atto della corrispondenza intercorsa con la Prefettura di Roma - Ufficio territoriale del Governo, la quale attesta il perpetuarsi della situazione di forte conflitto, dovuto alle contrapposte richieste di iscrizione, quale rappresentante legale, nel registro prefettizio delle persone giuridiche, da parte di soggetti diversi, legittimati a seguito di successive pronunce, non definitive e non univoche, rese dal Tribunale Civile di Roma. In particolare, nel solo ultimo anno risulta che sulla base di successive assemblee congressuali e di distinti provvedimenti giudiziali la Prefettura di Roma ha proceduto ad iscrivere quale presidente legale rappresentante prima il Cav. Pasquale Amico, poi il Sig. Cosimo Mignogna, successivamente il Cav. Pasquale Amico e, da ultimo, in data 29 settembre 2013, il Sig. Cosimo Mignogna; Vista la nota del Sindacato FE.S.I.C.A., pervenuta in data 13 settembre 2012, con la quale si segnala al Ministero l'assenza di certezze circa l'effettiva titolarita' della rappresentanza legale dell'U.N.C.I., ribadita con successiva nota dello stesso Sindacato del 15 marzo 2013, con la quale si rinnova la richiesta di chiarimenti sul soggetto titolato a rappresentare l'Associazione in giudizio, nel procedimento di opposizione al licenziamento di dipendenti in servizio presso la sede nazionale di U.N.C.I.; Tenuto conto delle segnalazioni e richieste di chiarimenti rivolte al Ministero, provenienti da enti di natura pubblica e privata presso i quali l'U.N.C.I. ha designato propri rappresentanti, circa l'effettivita' della carica di rappresentante legale dell'Associazione medesima, stanti le contrastanti affermazioni provenienti da soggetti che assumono di essere titolati; Preso atto delle numerose pronunce rese dal Tribunale di Roma, dalle quali emerge un insanabile conflitto e la non univoca individuazione del rappresentante legale dell'U.N.C.I. ed in particolare: - ordinanza 27 aprile 2012, la quale rinvia alla inevitabile convocazione dell'assemblea degli associati l'adozione delle decisioni necessarie per risolvere le problematiche verificatesi e ripristinare un regolare sistema amministrativo; - ordinanza collegiale 19 giugno 2012 la quale riconosce la validita' della costituzione in giudizio dell'UNCI nella persona del rappresentante legale p.t. Pasquale Amico; - ordinanza 27 luglio 2012, giudice dott.ssa Buonocore, con la quale e' stato ingiunto al prof. Paolo Galligioni di "immettere Amico Pasquale, quale neo nominato presidente dell'U.N.C.I. nella disponibilita' della documentazione e dei beni di pertinenza della predetta associazione e di consentire allo stesso il libero accesso alla sede dell'Ente, per l'espletamento delle funzioni di pertinenza; astenersi dal compimento di atti ed attivita' riservate, per legge o per statuto, al Presidente dell'U.N.C.I. o ad altro diverso organo dell'Associazione; astenersi dalla spendita della qualita' di presidente dell'U.N.C.I. nei rapporti con gli associati ed i terzi"; - ordinanza 16 novembre 2012, giudice dott. Scerrato, con la quale e' stata rigettata l'istanza di sospensione della delibera congressuale del 24 marzo 2012 che ha eletto il Cav. Amico a Presidente dell'U.N.C.I., confermata con successiva ordinanza collegiale del 6 febbraio 2013; - ordinanza del 10 gennaio 2013, giudice dott.ssa Dell'Orfano, che ha dichiarato la piena regolarita' di tutti gli atti prodromici al congresso del 24 marzo 2012, riguardante l'elezione del Cav. Pasquale Amico quale presidente e legale rappresentante dell'U.N.C.I.; - sentenza n. 16217 dell'11 giugno 2013, depositata in data 22 luglio 2013, con la quale il Tribunale di Roma - III Sezione Civile, ha accertato che lo statuto dell'U.N.C.I. da applicare e' quello del 2000, dichiarando altresi' nulla la deliberazione del Consiglio Generale U.N.C.I. del 23 giugno 2010 con cui venne fissata la convocazione del Congresso nazionale straordinario dell'Associazione ed approvato il relativo regolamento congressuale. Sulla base di detto provvedimento giudiziale e del congresso straordinario del 15 luglio 2013, la Prefettura di Roma ha provveduto ad iscrivere nel registro delle persone giuridiche il signor Mignogna Cosimo quale presidente e legale rappresentante dell'U.N.C.I.; - ordinanza del Tribunale Civile di Roma, Sezione III, giudice dott.ssa Libri, del 29 luglio 2013 con la quale e' stata in via preliminare rilevata l'infondatezza della eccezione di difetto di legittimazione passiva dell'U.N.C.I., rappresentata dal Cav. Amico, sul presupposto della spettanza a costui della carica di presidente dell'U.N.C.I., a seguito dell'elezione del 24 marzo 2012; Vista la comunicazione dell'avvio del procedimento di revoca di cui alla nota prot. n. 145274 in data 6 settembre 2013; Valutate le argomentazioni formulate mediante deposito di documentazione prodotta nel corso della accordata audizione delle parti controinteressate svoltasi in data 18 settembre 2013; Vista la successiva nota prot. n. 161545 in data 3 ottobre 2013 con la quale l'Amministrazione ha comunicato la sospensione per trenta giorni, ai sensi dell'articolo 2, comma 7, della legge 7 agosto 1990, n. 241 del termine finale del procedimento di revoca; Preso atto altresi' che, successivamente alla comunicazione del 3 ottobre 2013, inerente la sospensione del termine finale del procedimento di revoca, in data 18 ottobre 2013 veniva richiesto all'U.N.C.I. un aggiornamento di notizie circa l'attivita' di vigilanza svolta; Preso atto che nel corso del procedimento di verifica dei presupposti per la revoca, il Cav. Amico ha ribadito l'avvenuta assegnazione di 3.403 incarichi di revisione cooperativa nell'anno 2013, con la conclusione di solo 296 di essi, ed il Sig. Mignogna ha dichiarato di aver autonomamente disposto l'effettuazione di circa 1.500 revisioni cooperative dietro segnalazione degli uffici regionali dell'Associazione, restando dunque acclarata l'incertezza sulla individuazione della carica di presidente e di soggetto legittimato all'attribuzione degli incarichi di revisione; Ritenuto che la predetta incertezza sulla individuazione della carica di presidente e di soggetto legittimato all'attribuzione degli incarichi di revisione incide sul corretto svolgimento dell'attivita' revisionale con possibili ripercussioni sugli esiti della stessa; Valutate le dichiarazioni e le osservazioni che le due parti hanno reso negli incontri tenuti presso la Direzione generale per le piccole e medie imprese e gli enti cooperativi, attraverso le quali e' stata ribadita da un lato l'impossibilita' di una soluzione stragiudiziale del perdurante conflitto, dall'altra la riproposizione dello sdoppiamento delle strutture sociali ed amministrative, fatti questi che rappresentano un evidente ostacolo alla corretta e serena gestione del rapporto associativo e revisionale con le cooperative aderenti; Considerato che tale perdurante incertezza nella titolarita' della "governance" associativa ostacola l'efficace svolgimento della attivita' revisionale nei confronti degli enti cooperativi associati e le relazioni con i soggetti istituzionali che hanno rapporti con l'U.N.C.I.; Preso atto che a causa della conflittualita' interna sono state fissate due distinte sedi sociali, ubicate in luoghi diversi, con conseguente indeterminatezza ai fini delle comunicazioni, notifiche e rapporti istituzionali; Considerato che la revoca del riconoscimento costituisce l'unico provvedimento previsto dalla legge come adottabile da parte della Amministrazione, in presenza di presupposti incidenti sullo svolgimento corretto ed efficiente della attivita' revisionale nei confronti delle societa' cooperative aderenti; Ritenuto che sussistono i presupposti di fatto e di diritto per l'adozione, ai sensi dell'articolo 3, comma 7, del decreto legislativo 2 agosto 2002 n. 220, del provvedimento di revoca del riconoscimento dell'associazione U.N.C.I., atteso che la medesima Associazione non risulta essere piu' in grado di assolvere efficacemente alle funzioni di vigilanza sugli enti cooperativi associati, ad essa demandate; Considerato che il suddetto riconoscimento e' intervenuto con decreto ministeriale 18 luglio 1975, adottato ai sensi e per gli effetti degli articoli 4 e 5 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577, rilevando dunque sia ai fini della legittimazione allo svolgimento dell'attivita' di vigilanza sia ai fini dell'acquisto della personalita' giuridica; Considerate le sopravvenute modifiche normative (articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361, recante norme per la semplificazione dei procedimenti di riconoscimento di persone giuridiche private e di approvazione delle modifiche dell'atto costitutivo e dello statuto e articolo 3 del decreto legislativo 2 agosto 2002, n. 220) le quali circoscrivono il riconoscimento da parte di questo Ministero alla sola legittimazione allo svolgimento dell'attivita' di vigilanza; Considerato che il presente provvedimento di revoca incide su di un riconoscimento, avvenuto in epoca antecedente alle suddette modifiche normative, che ha rivestito la duplice inscindibile valenza di legittimazione allo svolgimento dell'attivita' di vigilanza e di acquisto della personalita' giuridica, e dunque deve valere per ogni effetto conseguente allo stesso riconoscimento; Visto l'articolo 11, comma 1, della legge 31 gennaio 1992, n. 59, il quale prevede che le associazioni nazionali di rappresentanza, assistenza e tutela del movimento cooperativo, riconosciute ai sensi dell'articolo 5 del citato decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577, e successive modificazioni, e quelle riconosciute in base a leggi emanate da regioni a statuto speciale possono costituire fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione, i quali possono essere gestiti senza scopo di lucro da societa' per azioni o da associazioni e sono alimentati ed incrementati ai sensi dei commi 4 e 5 del medesimo articolo 11; Considerato che l'U.N.C.I. ha costituito un fondo mutualistico gestito da Fondo per la promozione e lo sviluppo della cooperazione - Promocoop S.p.A.; Ritenuto di dover disporre circa gli aspetti conseguenziali alla revoca del riconoscimento dell'U.N.C.I.; Decreta Art. 1 1. Ai sensi dell'articolo 3, comma 7, del decreto legislativo 2 agosto 2002, n. 220, e' revocato ad ogni effetto il riconoscimento dell'Unione nazionale cooperative italiane (U.N.C.I.), quale associazione nazionale di rappresentanza e tutela del movimento cooperativo, di cui al decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 18 luglio 1975, adottato ai sensi degli articoli 4 e 5 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577. Art. 2 1. A far data dalla pubblicazione del presente decreto, l'U.N.C.I. non e' piu' legittimato a ricevere alcun versamento di cui all'articolo 8 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato n. 1577 del 1947, a titolo di contributo per l'attivita' revisionale da parte delle cooperative e degli enti mutualistici, quali individuati ai sensi dell'articolo 1 del decreto legislativo n. 220 del 2002. 2. A far data dalla suddetta pubblicazione, all'associazione U.N.C.I. e' fatto divieto di accettare versamenti relativi alle fattispecie di cui al comma 1, pena le responsabilita' configurabili alla stregua della normativa vigente. 3. Con successivo provvedimento saranno stabiliti criteri e modalita' per la definizione dei rapporti pendenti e per la individuazione delle risorse residue, acquisite per le attivita' revisionali, da versare al Bilancio entrata dello Stato, Capo XVIII, Capitolo 3592. Art. 3 1. A far data dalla pubblicazione del presente decreto, cessa la legittimazione della societa' Fondo per la promozione e lo sviluppo della cooperazione - Promocoop S.p.A., che gestisce il fondo mutualistico costituito dall'U.N.C.I. ai sensi dell'articolo 11 della legge 31 gennaio 1992, n. 59, ad accettare versamenti e devoluzioni di cui al medesimo articolo 11, commi 4 e 5, rivenienti dalle societa' cooperative e dagli enti mutualistici quali individuati ai sensi dell'articolo 1 del decreto legislativo n. 220 del 2002. 2. A far data dalla suddetta pubblicazione, alla societa' Fondo per la promozione e lo sviluppo della cooperazione - Promocoop S.p.A. e' fatto divieto di accettare versamenti e devoluzioni relativi alle fattispecie di cui al comma 1, pena le responsabilita' configurabili alla stregua della normativa vigente. 3. Con successivo provvedimento saranno stabiliti criteri e modalita' per la definizione dei rapporti pendenti e per la individuazione delle risorse residue, acquisite per le finalita' di cui al citato articolo 11, da versare al Bilancio entrata dello Stato, Capo XVIII, Capitolo 3592. Il presente decreto sara' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Avverso il presente provvedimento e' ammesso, entro 60 giorni, ricorso giurisdizionale dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ovvero, entro 120 giorni, ricorso straordinario al Presidente della Repubblica ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 1199 del 1971. Roma, 22 novembre 2013 Il Ministro: Zanonato
venerdì 29 novembre 2013
SABATO 30 NOVEMBRE 2013, ORE 17,30, MILANO, VIA DUCCIO DI BONINSEGNA 21/23 (MM1 BUONARROTI) CONFERENZA DEL PROF. FRANCESCO INGRAVALLE SU WERNER SOMBART "MERCANTI ED EROI"
Riceviamo dall'Avv. Andrea Benzi, Segretario Nazionale dell'ANVG Associazione Nazionale Volontari di Guerra e volentieri pubblichiamo, invitando tutti a partecipare numerosi.
AGL
"""""""""Ricordo a tutti l'evento culturale di sabato 30 novembre 2013, alle ore 17,30 presso la sala pubblica adiacente alla nostra sede di Milano, via Duccio di Boninsegna 21/23.
Sarà con noi il prof. Francesco Ingravalle dell'Università di Alessandria.
Ci parlerà del testo di Werner Sombart "Mercanti ed Eroi".
Per saperne di più sulla figura di Werner Sombart vi invito a leggere la relativa voce su wikipedia.
Ancora ricordo a tutti gli associati e simpatizzanti che il 30 novembre è il termine per il tesseramento 2013. Chi non ha rinnovato l'adesione all'Associazione e chi invece intendesse farlo, deve inviare un contributo di 30 euro all'IBAN sotto indicato (conto corrente postale intestato alla Federazione di Milano)IT 40 J 07601 01600 000037287208
Un saluto a tutti, vi aspetto aspetto sabato, non mancate.
Andrea Benzi
Presidente della Federazione di Milano dell'Associazione Nazionale Volontari di Guerra"""""""""
giovedì 28 novembre 2013
ALAPMI-AGL (Lavoratori Artigianato e PMI) : PER LE PICCOLE IMPRESE MENO TASSE E BUROCRAZIA MA ANCHE DIRITTI, SOLDI E PARI DIGNITA' PER I LAVORATORI. SOLO COSI' POTRANNO VERAMENTE SOPRAVVIVERE
(immagine da www.pixabay.com)
SANTA MARGHERITA LIGURE (GENOVA) - Pagati non per lavorare ma per
scioperare. Succede a Santa Margherita Ligure dove un impresario
edile, Fabrizio Martin, ha assicurato lo stipendio della giornata ai
suoi dipendenti che si è portato in piazza per protestare.
Martin è l'esponente locale di Icr (Imprese che resistono), giovane associazione di commercianti, artigiani, piccole imprese e partite Iva chiamati a raccolta oggi per una serrata nazionale di quattro ore contro le tasse troppo alte. "Vorrei assumere un dipendente in più - rivela Martin - ma non ci riesco. A me un lavoratore costa 3.800 euro al mese, in tasca al dipendente vanno 1.500 euro; 1.700 sono di tasse e 500 di cassa edile. Non è possibile andare avanti così". Aggiunge: "Vorrei una legge che mi dicesse: assumi a un costo più basso e poi se io, Stato, in cantiere trovo un lavoratore in nero tu chiudi. Oggi invece chi vuole fare le cose in regola non ce la fa. E prolifera il lavoro nero, tanto l'imprenditore al massimo prende 2.000 euro di multa e finita lì". Nel Tigullio circa 250 attività hanno aderito alla serrata.”””””””””
Da www.ansa.it
: “””””””””
'Pagati non per lavorare, ma per scioperare'
'Troppe tasse, vorrei assumere ma non ci riesco'
27 novembre, 17:25
Martin è l'esponente locale di Icr (Imprese che resistono), giovane associazione di commercianti, artigiani, piccole imprese e partite Iva chiamati a raccolta oggi per una serrata nazionale di quattro ore contro le tasse troppo alte. "Vorrei assumere un dipendente in più - rivela Martin - ma non ci riesco. A me un lavoratore costa 3.800 euro al mese, in tasca al dipendente vanno 1.500 euro; 1.700 sono di tasse e 500 di cassa edile. Non è possibile andare avanti così". Aggiunge: "Vorrei una legge che mi dicesse: assumi a un costo più basso e poi se io, Stato, in cantiere trovo un lavoratore in nero tu chiudi. Oggi invece chi vuole fare le cose in regola non ce la fa. E prolifera il lavoro nero, tanto l'imprenditore al massimo prende 2.000 euro di multa e finita lì". Nel Tigullio circa 250 attività hanno aderito alla serrata.”””””””””
COMMENTO ALAPMI-AGL
Lavoratori Artigianato e Piccole e Medie Imprese:
L'AGL guarda con interesse a queste
nuove associazioni (ICR. CONFAPRI, ecc.) che danno voce alle imprese
che stanno per morire nel nostro Paese. Condividiamo molte delle loro
proposte e non escludiamo futuri contatti, confronti e iniziative
comuni. Come ALLEA (lavoratori edilizia) http://allea-agl.blogspot.it
da tempo ci siamo scagliati contro l'obbligo di adesione alla Cassa
Edile (partita con le migliori intenzioni ma oggi, di fatto,
l'ennesimo regalo della burocrazia ministeriale a carrozzoni di
emanazione sindacale) e come ALP (lavoratori pubblici)
http://alp-agl.blogspot.it
abbiamo fatto molto di più, attraverso precise proposte , per dire
chiaramente che è ingiusto che il lavoro dipendente venga tassato in
quella maniera e in quelle dimensioni, suggerendo ai lavoratori del
settore come rendersi protagonisti del cambiamento, riscattandosi una
volta per tutte dall'immagine con cui vengono dipinti. Aggiungiamo
pure un ulteriore costo, quello della piccola corruzione a beneficio
di funzionari pubblici infedeli, che molte PMI sono costrette a
subire. Una cosa però la vorremmo dire: così come queste nuove
esperienze associative stanno mettendo l'accento su argomenti
trascurati dal grande associazionismo imprenditoriale e dalle grandi
imprese, dicendo cose sacrosante, dimostrino di essere innovativi
anche su un altro piano , non meno importante: la necessità che si
volti pagina in merito al comportamento recente, di ogni tipo di
impresa o datore di lavoro, nei confronti dei diritti di ogni
lavoratore. Se è vero infatti che imprenditore e lavoratore nelle
micro, piccole e medie imprese sono molte volte solidali perchè
vivono gomito a gomito , altrettanto frequentemente accade che
questi ambiti lavorativi si trasformino in inferno per tante persone
che spesso, anche sindacalmente, restano sole, senza tutele e
garanzie, vittime di leggi ingiuste là dove limitano le prerogative
sindacali per le aziende sotto i 15 dipendenti. Un lavoro sicuro e
dignitoso non è un lusso ma è condizione affinchè qualsiasi
impresa possa sopravvivere ed essere competitiva valorizzando il
fattore più prezioso. Non si chieda quindi ai lavoratori, seppure
anch'essi afflitti dalla crisi di rappresentanza delle loro vecchie
organizzazioni sindacali, in nome della lotta per la sopravvivenza,
di contribuire a costruire nuove ingiustizie né a rinunciare a far
valere , tramite un sano conflitto sociale, irrinunciabile nelle
democrazie e nelle economie libere, le loro legittime e più moderne
istanze
Per saperne , comunque, di più:
SITO ICR
http://www.impresecheresistono.org/
SITO CONFAPRI http://www.confapri.it/
ALAPMI-AGL Alleanza
Lavoratori Artigianato e Piccole e Medie Imprese aderente alla AGL
martedì 19 novembre 2013
TRAGEDIA SARDEGNA: VERGOGNA POLITICA NAZIONALE
F35: 25 MILIARDI DI EURO
TAV: 2,8 MILIARDI DI EURO
PONTE SULLO STRETTO (ABORTITO MA NON A COSTO ZERO): 610 MILIONI DI EURO
DISSESTO DEL TERRITORIO SARDO: NON ERA CONSIDERATA UNA PRIORITA'.
PER ORA: 20 MILIONI DI EURO PER FRONTEGGIARE I DANNI. POI SI VEDRA'......
TAV: 2,8 MILIARDI DI EURO
PONTE SULLO STRETTO (ABORTITO MA NON A COSTO ZERO): 610 MILIONI DI EURO
DISSESTO DEL TERRITORIO SARDO: NON ERA CONSIDERATA UNA PRIORITA'.
PER ORA: 20 MILIONI DI EURO PER FRONTEGGIARE I DANNI. POI SI VEDRA'......
giovedì 14 novembre 2013
UNA PROPOSTA DEL SINDACATO DIRIGENTI DELL'AGL PER FAR FRONTE DA SUBITO ALLE NUOVE POVERTA': OGNI MESE, META' STIPENDIO DEL DIRIGENTE PUBBLICO MESSO A DISPOSIZIONE , VOLONTARIAMENTE, DEI SERVIZI SOCIALI DEL COMUNE DI RESIDENZA
E' notizia di oggi: per l'OCSE i dirigenti pubblici italiani sono i più pagati del mondo, quasi il triplo della media.
Nel frattempo diviene sempre più
insopportabile i fenomeno degli anziani che non riuscendo ad arrivare
alla fine del mese sono costretti a rovistare tra i rifiuti dei
mercati rionali e dei supermercati per mettere insieme un misero
pasto.
Come già avvenuto da parte di molti
calciatori che si sono ridotti lo stipendio per senso di
responsabilità in questa tremenda crisi, riteniamo che anche i
dirigenti pubblici italiani, non tutti responsabili di queste assurde
distorsioni retributive, debbano schierarsi dalla parte del Bene e
del Prossimo, dando per primi l'esempio. L'ADIR-AGL, nel continuare
ad auspicare la riforma della Pubblica Amministrazione e del sistema
pensionistico, certo di non immediata realizzazione, propone per
intanto a tutti i dirigenti pubblici italiani, nell'emergenza, di
destinare d'ora in poi, volontariamente, ogni mese, ai Servizi
Sociali del proprio Comune di residenza, metà del proprio stipendio.
Sapranno sicuramente questi Uffici destinare queste prime risorse a
chi veramente ne ha più urgente ed immediato bisogno. E chiediamo
che il Ministero della Funzione Pubblica renda noto l'elenco di quei
dirigenti che vorranno partecipare a questa iniziativa. Quanto ne
sarebbe importante il successo, per ridare credibilità alla
dirigenza, alla pubblica amministrazione e alla possibilità del
nostro Paese di riprendersi!
ADIR-AGL
*****************************************************************
da www.ansa.it
“””””””””Ocse:dirigenti Pa Italia più pagati,quasi triplo media
solo per 28% cittadini fiducia in governo
14 novembre, 14:21
I senior manager della pubblica
amministrazione centrale italiana sono i più pagati dell'area Ocse,
con uno stipendio medio di 650 mila dollari, oltre 250 mila in più
dei secondi classificati (i neozelandesi con 397 mila dollari) e
quasi il triplo della media Ocse (232 mila dollari). Lo rileva
l'Ocse, con dati aggiornati al 2011. In Francia, un dirigente dello
stesso livello guadagna in media 260 mila dollari all'anno, in
Germania 231 mila e in Gran Bretagna 348 mila. Negli Stati Uniti, la
retribuzione media è di 275 mila dollari.
(...)”””””””””
*****************************************************************
Se la pensione non basta la spesa si fa tra i rifiuti
Maria
Sorbi - Mer, 13/11/2013 - 07:14
“””””””Arriva mentre il mercato sta per sbaraccare,
attorno alle due del pomeriggio. Tanto la merce sui banchi non gli
interessa, è troppo cara. Lui va in cerca degli scarti tra i cumuli
di cassette di legno gettate negli angoli.
E lì trova sempre qualcosa: cespi di insalata ancora buona,
resti di cavoli e carciofi, qualche finocchio malconcio ma, tutto
sommato, mangiabile. Basta non fare troppo gli schizzinosi e la
spesa è fatta.
Così, al mercato-bene di via Cesariano, a pochi passi dall'Arena, fa provviste un anziano, habitué della zona. Non è un barbone, né uno che vive di stenti per la strada. È semplicemente uno a cui la pensione non basta, uno che tira a campare. E allora eccolo attraversare la doppia corsia di via Melzi d'Eril con la sua busta della spesa già usata e ripiegata chissà quante volte. La porta, ancora vuota, dietro la schiena, va di buon passo sulle sue Adidas con la para, si guarda attorno e un po' dissimula l'imbarazzo per la missione settimanale tra le bancarelle. Poi si china, fruga con pazienza tra gli scarti e scova frutta e verdura.
Nel frattempo gli ambulanti smontano i loro tendoni. «Non immagina quanta gente così c'è» commenta una venditrice mentre ritira le cassette di cachi ancora intonsi snobbati dalle sciure del quartiere. A sentire i fruttivendoli dietro alle bilance, sono parecchie le persone che vanno a fare la spesa tra i cumuli di rifiuti del mercato. Quelli dove nemmeno i cani chic dell'isolato si fermano a nasare qualcosa da addentare. Andrea e suo padre, che da una vita hanno un banco di primizie in via Cesariano, per risparmiare a tanta povera gente l'umiliazione di chinarsi a cercare qualche foglia di insalata di scarto, alla fine della giornata preparano un po' di sacchettini di verdura di seconda scelta o rimasta invenduta e li regalano a chi non può. «Guardi che anche le signore di un certo livello hanno dimezzato la spesa, mica soli i poveretti» commentano gli ambulanti. Insomma, prima le famiglie mandavano le colf a riempire sacchi di frutta esotica e verdure selezionatissime, ora hanno ridotto quantità e qualità.
«Lavoro in questo mercato da oltre dieci anni - conferma all'angolo un venditore mentre sistema i sacchi di noci - e devo ammettere che è un disastro. Non solo nell'ultimo anno le vendite sono calate ma ci sono sempre più persone, soprattutto anziani, che ci chiedono roba ammaccata pur di pagare meno. O che vanno a cercare tra le cassette da gettare via».
Questo accade in un mercato del centro. Ma le stesse scene si vedono ovunque: a Papiniano e, motivo in più, nei mercati di periferia. Idem all'Ortomercato il sabato mattina. A darcene conferma è Ketty Capra, in rappresentanza degli ortofrutticoli. «Ormai tra gli scarti non frugano più solo stranieri e barboni - racconta - ma anche persone che non diresti mai e tanti anziani. Spesso le famiglie, soprattutto alla fine del mese, ci chiedono se avanziamo qualcosa o se abbiamo roba di scarsa qualità per risparmiare un po'». La seconda scelta insomma è diventata merce preziosa. Tanto che anche gli ambulanti che vanno a rifornirsi in via Lombroso la comprano in quantità molto maggiori rispetto al passato. È una regola del mercato: l'offerta segue la crescita della domanda. “””””””””
Così, al mercato-bene di via Cesariano, a pochi passi dall'Arena, fa provviste un anziano, habitué della zona. Non è un barbone, né uno che vive di stenti per la strada. È semplicemente uno a cui la pensione non basta, uno che tira a campare. E allora eccolo attraversare la doppia corsia di via Melzi d'Eril con la sua busta della spesa già usata e ripiegata chissà quante volte. La porta, ancora vuota, dietro la schiena, va di buon passo sulle sue Adidas con la para, si guarda attorno e un po' dissimula l'imbarazzo per la missione settimanale tra le bancarelle. Poi si china, fruga con pazienza tra gli scarti e scova frutta e verdura.
Nel frattempo gli ambulanti smontano i loro tendoni. «Non immagina quanta gente così c'è» commenta una venditrice mentre ritira le cassette di cachi ancora intonsi snobbati dalle sciure del quartiere. A sentire i fruttivendoli dietro alle bilance, sono parecchie le persone che vanno a fare la spesa tra i cumuli di rifiuti del mercato. Quelli dove nemmeno i cani chic dell'isolato si fermano a nasare qualcosa da addentare. Andrea e suo padre, che da una vita hanno un banco di primizie in via Cesariano, per risparmiare a tanta povera gente l'umiliazione di chinarsi a cercare qualche foglia di insalata di scarto, alla fine della giornata preparano un po' di sacchettini di verdura di seconda scelta o rimasta invenduta e li regalano a chi non può. «Guardi che anche le signore di un certo livello hanno dimezzato la spesa, mica soli i poveretti» commentano gli ambulanti. Insomma, prima le famiglie mandavano le colf a riempire sacchi di frutta esotica e verdure selezionatissime, ora hanno ridotto quantità e qualità.
«Lavoro in questo mercato da oltre dieci anni - conferma all'angolo un venditore mentre sistema i sacchi di noci - e devo ammettere che è un disastro. Non solo nell'ultimo anno le vendite sono calate ma ci sono sempre più persone, soprattutto anziani, che ci chiedono roba ammaccata pur di pagare meno. O che vanno a cercare tra le cassette da gettare via».
Questo accade in un mercato del centro. Ma le stesse scene si vedono ovunque: a Papiniano e, motivo in più, nei mercati di periferia. Idem all'Ortomercato il sabato mattina. A darcene conferma è Ketty Capra, in rappresentanza degli ortofrutticoli. «Ormai tra gli scarti non frugano più solo stranieri e barboni - racconta - ma anche persone che non diresti mai e tanti anziani. Spesso le famiglie, soprattutto alla fine del mese, ci chiedono se avanziamo qualcosa o se abbiamo roba di scarsa qualità per risparmiare un po'». La seconda scelta insomma è diventata merce preziosa. Tanto che anche gli ambulanti che vanno a rifornirsi in via Lombroso la comprano in quantità molto maggiori rispetto al passato. È una regola del mercato: l'offerta segue la crescita della domanda. “””””””””
IL VIDEO DELLA 3^ GIORNATA NAZIONALE DEL SINDACALISMO
Ci complimentiamo con Geremia Mancini (Segretario Confederale dell'UGL)
per aver organizzato la pregevole iniziativa. Segnaliamo, tra gli altri,
gli interventi e le premiazioni dell'Avv. Andrea Benzi (dal minuto 8:21
al minuto 11:14) e del Sen. Giorgio Benvenuto, politico e storico
leader sindacale della UIL (dal minuto 25:55 al minuto 28:11).
Ecco il link del video:
Ecco il link del video:
http://www.youtube.com/watch?v=incfhGSuhb0
(nella foto: Giorgio Benvenuto in una assemblea del 1980 all'Alfa Romeo di Arese-MI)
(nella foto: Giorgio Benvenuto in una assemblea del 1980 all'Alfa Romeo di Arese-MI)
Etichette:
Andrea Benzi,
Filippo Corridoni,
Geremia Mancini,
Giorgio Benvenuto,
Giornata Nazionale del Sindacalismo,
Premio Ambasciatori della Fame,
Video
venerdì 8 novembre 2013
ALAC-AGL: DOPO LO SCIOPERO PLEBISCITARIO DEL 31 OTTOBRE (BELLO MA TRAGICO) QUALI LE VERE PROSPETTIVE DEI LAVORATORI BANCARI?
La disdetta del CCNL da parte dell'ABI
è stata solo l'ultima puntata di una vicenda contrattuale nella
quale è stata sempre di più erosa la forza del sindacato e
peggiorata la condizione dei lavoratori.
Solo loro hanno pagato gli sbagli,
costosissimi, dei manager che hanno affossato le aziende. Come nella
scherma, la marcia all'indietro sembra non finire mai lungo la
pedana. L'ABI è forte perchè tutto il sistema è con essa, i
lavoratori sembrano condannati a un supplizio infinito e alla loro
estinzione.
Ovviamente il coro sindacale, unito più
che altrove e intonato nella sconfitta, cerca di vendere come meglio
può ogni minima concessione recente o paventata e a mettere in ombra
i pesanti prezzi fatti pagare da mesi ai lavoratori.
Vedremo quanto costerà, in aggiunta,
l'accordo sindacale “obbligato” per evitare che il Fondo Esuberi
finisca nel calderone Inps.
Sarà un prezzo occupazionale più che
retributivo e normativo, anche perchè ormai su questi ultimi due
aspetti non è rimasta quasi più neppure la cinghia da tirare.Non è
difficile immaginare che l'unico tipo di sindacato che possa
sopravvivere in questo contesto di piallatura di qualsiasi diritto e
riconoscimento economico sia quello ruffiano e
collaborativo.Arriveranno sicuramente segnali in tal senso,
probabilmente indotti dalla necessità di trasformare il Fondo
Esuberi in Ente Bilaterale.Quindi mano libera per le direzioni
aziendali e biada a volontà per le organizzazioni sindacali che
vorranno “concertare”.
I lavoratori non si illudano. Anche
dopo la bufera la loro condizione non migliorerà se non smetteranno
di delegare le loro istanze a sindacati tanto forti numericamente
quanto perdenti di natura.
ALCOM-AGL: SOLIDARIETA' AI GIORNALISTI DELLA GAZZETTA DELLO SPORT IN SCIOPERO. MA PERCHE' NON SI SONO UNITI QUELLI DEL CORRIERE DELLA SERA?
Da www.gazzetta.it
La Gazzetta sciopera per due giorni
I motivi della scelta dei giornalisti
Milano, 06 novembre 2013
La Rcs decide di svendere la sede storica di via Solferino, ennesima operazione discutibile. Lo scandalo Recoletos e le altre mosse finanziarie che stanno portando al disfacimento una importante azienda editoriale
- Lo stabile di via Solferino: sede di Corriere della Sera e Gazzetta dello Sport. Ansa
"""""""""Domani e venerdì la Gazzetta dello Sport non sarà in
edicola e il suo sito dalla mezzanotte di mercoledì non verrà
aggiornato. La redazione ha deciso di scioperare di fronte all'ennesimo
episodio di mala gestione da parte della proprietà e del management
dell'azienda. Ci voleva il ritorno della Fiat come azionista di
maggioranza del gruppo Rcs per assistere allo scempio della "svendita"
del palazzo storico di via Solferino e di quello di via San Marco a
Milano, deliberata mercoledì dal consiglio di amministrazione e
comunicata in tardissima ora sperando non facesse troppo rumore.
Un'operazione da 120 milioni di euro, a fronte di una
ristrutturazione recente costata 80 milioni e un affitto da versare agli
acquirenti che rende alla fine la plusvalenza quasi nulla. Soci e
manager continuano così nell'opera di disfacimento di un'importante
azienda editoriale dismettendo anche l'ultimo bene immobile in suo
possesso, garanzia quantomeno delle liquidazioni dei lavoratori. Con una
mano gli azionisti - dopo decenni di dividendi incassati - deliberano
l'aumento di capitale (reso necessario solo dai loro pasticci) mentre
con l'altra si rimettono in tasca qualcosa. Intanto abbattono senza
sosta i costi che non dovrebbero toccare, iniziando dai posti di lavoro
(370 persone in cassa integrazione, anticamera del licenziamento, nel
settore Periodici e robusti esuberi tra i Quotidiani) per arrivare alle
pagine di giornale. Ricette trite, perdenti e di brevissimo respiro.
Errori che partono da lontano ma hanno nomi e cognomi.
Dagli Anni 90, quando la stessa Fiat rifila a Rcs la Fabbri decotta
facendosela pagare ampiamente (risultato: zavorra di debiti e svariati
posti di lavoro in fumo). Per arrivare alla fallimentare operazione
spagnola per l'acquisto di Recoletos nel 2007, che definire torbida è
poco. Vittorio Colao, ultimo manager indipendente di questa azienda,
boccia l'acquisto. E allora cosa fanno gli azionisti? Via Colao e dentro
Antonello Perricone, "suggerito" da Luca di Montezemolo. Immediato
semaforo verde per la frittata spagnola, con un'azienda già in crisi
strapagata 1.100 milioni di euro. Dopo di che, al termine di un lustro
di vuoto pneumatico in termini di idee e investimenti, Perricone saluta
portandosi via una lautissima e clamorosamente immeritata buonuscita da
3,4 milioni di euro. Dove finisce? A fare l'amministratore delegato di
Italo, il treno di Montezemolo e Della Valle...
Subentra un nuovo management che, ovviamente, taglia con la
scure e mette insieme un piano triennale che annuncia investimenti
multimediali e obiettivi quantomeno ambiziosi. Un anno è già passato e
di investimenti non s'è vista nemmeno l'ombra. Si sono invece viste solo
mosse finanziarie, parecchio discutibili. Che tristezza. Pensavamo che
qui si facessero giornali, non operazioni di acrobazia economica o
giochetti per contare nelle stanze del potere. E vi raccomandiamo le
banche. Prontissime a finanziare Tronchetti Provera (amico azionista,
naturalmente) per riprendersi il controllo della Pirelli con soldi non
suoi, ma incapaci di dare fiato al primo gruppo editoriale italiano,
salvaguardando la sua indipendenza e garantendo il suo sviluppo.
Infine una riflessione anche per il sindaco Pisapia, che
non ha speso una parola sulla vicenda. Come se un privato comprasse la
Scala e il primo cittadino di Milano se ne stesse zitto e lontano.
Quando tra qualche anno in sala Albertini ci faranno feste in stile
Billionaire magari verrà invitato anche lui. Dovrebbe, insieme a tutti
gli altri, provare a pensare a quando i giornalisti, seppur pesantemente
sollecitati, non se ne andarono da questo edificio in tempo di Guerra. E
a quando, durante la Resistenza, tra le rotative si nascondevano le
armi per combattere fascisti e nazisti. Forse qualcuno riuscirà a capire
perché mettere la storia in mano a un fondo speculativo immobiliare
americano è una vergogna.
Il comitato di redazione della Gazzetta dello Sport"""""""""
ALP-AGL: LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE INIZIERA' A CAMBIARE QUANDO ANCHE I SINDACALISTI AVRANNO IL CORAGGIO DI PAPA FRANCESCO NELL'AMMONIRE IMPIEGATI E DIRIGENTI CORROTTI O TENTATI DAL DIVENTARLO
Da www.ansa.it
Papa: basta 'dea tangente', corruzione toglie la dignità
''Chi la pratica dà ai figli pane sporco''
08 novembre, 12:39
CITTA' DEL VATICANO - Chi "pratica le tangenti" ha "perso la dignità"
e dà ai figli "pane sporco". Papa Francesco ha dedicato la sua omelia a
Santa Marta a un lungo appello contro i guadagni da "corruzione", la
cui abitudine "dà dipendenza", pregando infine "perché il Signore cambi
il cuore di questi devoti della dea tangente".
Il Papa, nell'omelia, ha pregato per i tanti giovani che ricevono dai genitori "pane sporco", guadagno frutto di tangenti e corruzione, e hanno fame di dignità perché il lavoro disonesto toglie la dignità. La parabola dell'amministratore disonesto, riferisce la Radio Vaticana, ha dato lo spunto al Papa per parlare "dello spirito del mondo, della mondanità", di "come agisce questa mondanità e quanto pericolosa sia". Gesù "pregava il Padre perché i suoi discepoli non cadessero nella mondanità". "E' il nemico": "Quando noi pensiamo ai nostri nemici, davvero pensiamo prima al demonio, perché è proprio quello che ci fa male. L'atmosfera, lo stile di vita piace tanto al demonio, è questa mondanità: vivere secondo i valori - fra virgolette - del mondo. E questo amministratore è un esempio di mondanità". "Qualcuno di voi potrà dire - ha proseguito -: 'Ma, questo uomo ha fatto quello che fanno tutti!'. Ma tutti, no! Alcuni amministratori, amministratori di aziende, amministratori pubblici; alcuni amministratori del governo... Forse non sono tanti. Ma è un po' quell'atteggiamento della strada più breve, più comoda per guadagnarsi la vita". Nella parabola, il padrone loda l'amministratore disonesto per la sua furbizia: "Eh sì, questa è una lode alla tangente! E l'abitudine della tangente è un'abitudine mondana e fortemente peccatrice. E' un'abitudine che non viene da Dio: Dio ci ha comandato di portare il pane a casa col nostro lavoro onesto! E quest'uomo, amministratore, lo portava, ma come? Dava da mangiare ai suoi figli pane sporco! E i suoi figli, forse educati in collegi costosi, forse cresciuti in ambienti colti, avevano ricevuto dal loro papà, come pasto, sporcizia, perché il loro papà, portando pane sporco a casa, aveva perso la dignità! E questo è un peccato grave! Perché si incomincia forse con una piccola bustarella, ma è come la droga, eh!".
Dunque - ha affermato il Papa - l'abitudine alle tangenti diventa una dipendenza. Ma se c'è una "furbizia mondana" - ha proseguito papa Francesco - c'è anche una "furbizia cristiana, di fare le cose un po' svelte... non con lo spirito del mondo", ma onestamente. E' ciò che dice Gesù quando invita ad essere astuti come i serpenti e semplici come colombe: mettere insieme queste due dimensioni - ha sottolineato - "è una grazia dello Spirito Santo", un dono che dobbiamo chiedere. Infine, ha concluso con una preghiera: "Forse oggi ci farà bene a tutti noi pregare per tanti bambini e ragazzi che ricevono dai loro genitori pane sporco: anche questi sono affamati, sono affamati di dignità! Pregare perché il Signore cambi il cuore di questi devoti della dea tangente e se ne accorgano che la dignità viene dal lavoro degno, dal lavoro onesto, dal lavoro di ogni giorno e non da queste strade più facili che alla fine ti tolgono tutto". "E poi finirei - ha aggiunto - come quell'altro del Vangelo che aveva tanti granai, tanti silos ripieni e non sapeva che farne: 'Questa notte dovrai morire', ha detto il Signore. Questa povera gente che ha perso la dignità nella pratica delle tangenti soltanto porta con sé non il denaro che ha guadagnato, ma la mancanza di dignità! Preghiamo per loro!".
Il Papa, nell'omelia, ha pregato per i tanti giovani che ricevono dai genitori "pane sporco", guadagno frutto di tangenti e corruzione, e hanno fame di dignità perché il lavoro disonesto toglie la dignità. La parabola dell'amministratore disonesto, riferisce la Radio Vaticana, ha dato lo spunto al Papa per parlare "dello spirito del mondo, della mondanità", di "come agisce questa mondanità e quanto pericolosa sia". Gesù "pregava il Padre perché i suoi discepoli non cadessero nella mondanità". "E' il nemico": "Quando noi pensiamo ai nostri nemici, davvero pensiamo prima al demonio, perché è proprio quello che ci fa male. L'atmosfera, lo stile di vita piace tanto al demonio, è questa mondanità: vivere secondo i valori - fra virgolette - del mondo. E questo amministratore è un esempio di mondanità". "Qualcuno di voi potrà dire - ha proseguito -: 'Ma, questo uomo ha fatto quello che fanno tutti!'. Ma tutti, no! Alcuni amministratori, amministratori di aziende, amministratori pubblici; alcuni amministratori del governo... Forse non sono tanti. Ma è un po' quell'atteggiamento della strada più breve, più comoda per guadagnarsi la vita". Nella parabola, il padrone loda l'amministratore disonesto per la sua furbizia: "Eh sì, questa è una lode alla tangente! E l'abitudine della tangente è un'abitudine mondana e fortemente peccatrice. E' un'abitudine che non viene da Dio: Dio ci ha comandato di portare il pane a casa col nostro lavoro onesto! E quest'uomo, amministratore, lo portava, ma come? Dava da mangiare ai suoi figli pane sporco! E i suoi figli, forse educati in collegi costosi, forse cresciuti in ambienti colti, avevano ricevuto dal loro papà, come pasto, sporcizia, perché il loro papà, portando pane sporco a casa, aveva perso la dignità! E questo è un peccato grave! Perché si incomincia forse con una piccola bustarella, ma è come la droga, eh!".
Dunque - ha affermato il Papa - l'abitudine alle tangenti diventa una dipendenza. Ma se c'è una "furbizia mondana" - ha proseguito papa Francesco - c'è anche una "furbizia cristiana, di fare le cose un po' svelte... non con lo spirito del mondo", ma onestamente. E' ciò che dice Gesù quando invita ad essere astuti come i serpenti e semplici come colombe: mettere insieme queste due dimensioni - ha sottolineato - "è una grazia dello Spirito Santo", un dono che dobbiamo chiedere. Infine, ha concluso con una preghiera: "Forse oggi ci farà bene a tutti noi pregare per tanti bambini e ragazzi che ricevono dai loro genitori pane sporco: anche questi sono affamati, sono affamati di dignità! Pregare perché il Signore cambi il cuore di questi devoti della dea tangente e se ne accorgano che la dignità viene dal lavoro degno, dal lavoro onesto, dal lavoro di ogni giorno e non da queste strade più facili che alla fine ti tolgono tutto". "E poi finirei - ha aggiunto - come quell'altro del Vangelo che aveva tanti granai, tanti silos ripieni e non sapeva che farne: 'Questa notte dovrai morire', ha detto il Signore. Questa povera gente che ha perso la dignità nella pratica delle tangenti soltanto porta con sé non il denaro che ha guadagnato, ma la mancanza di dignità! Preghiamo per loro!".
giovedì 7 novembre 2013
CGIL,CISL,UIL: "Sono cinque anni che si ripetono finanziarie che non danno risposte al Paese”
Li ringraziamo: non ce ne eravamo accorti. E neppure che le finanziarie più addietro fossero soddisfacenti. Ma se il quadro è questo, che senso ha avuto per 12 milioni di lavoratori aderire a questi sindacati? E chi ci dice che non saranno buttati anche questi soldi che ci chiedono di sacrificare con i loro scioperi?
Una sola redistribuzione funziona in Italia: quella dalle tasche dei lavoratori alle casse dei sindacati "storici". E non sarà facile uscirne fuori: si sono istituzionalizzati, sono corresponsabili e cointeressati al mantenimento delle normative bizantine su fisco, previdenza e lavoro. Altrimenti di cosa camperebbero i loro Caf, Patronati e Enti Bilaterali? E che speranze avrebbero i Fondi Pensione amministrati da loro se la Previdenza Pubblica fosse in grado di dare pensioni dignitose?
Una sola redistribuzione funziona in Italia: quella dalle tasche dei lavoratori alle casse dei sindacati "storici". E non sarà facile uscirne fuori: si sono istituzionalizzati, sono corresponsabili e cointeressati al mantenimento delle normative bizantine su fisco, previdenza e lavoro. Altrimenti di cosa camperebbero i loro Caf, Patronati e Enti Bilaterali? E che speranze avrebbero i Fondi Pensione amministrati da loro se la Previdenza Pubblica fosse in grado di dare pensioni dignitose?
mercoledì 23 ottobre 2013
NUOVO SISTEMA DI RECLUTAMENTO DELLA DIRIGENZA PUBBLICA: SONO SOLO FATTI LORO?
L'ITALIA, PER CAMBIARE VERAMENTE,
AVREBBE BISOGNO DI DIRIGENTI PUBBLICI ANCHE NON LAUREATI DI CUI AL
DI LA' DEL TITOLO DI STUDIO “ITALIANO” CONSEGUITO SIA ACCERTATA
L'EFFETTIVA CAPACITA', ASSUNTI A TEMPO DETERMINATO (TUTTI!) IN
COERENZA CON L'APPLICAZIONE DELLO SPOILS SYSTEM, NON PIU' SELEZIONATI
CON CONCORSI “ITALIANI”.
SE DOBBIAMO, PER OTTENERE CIO',
CAMBIARE LA COSTITUZIONE, FACCIAMOLO E PRESTO!
La attuale dirigenza pubblica non viene
da Marte. E' quello che è oggi in base a una precisa storia nella
quale meritocrazia e selettività raramente sono stati applicati.
Tanto è vero che, data
l'inapplicabilità di tale sistema, funzionante solo in teoria, la
macchina statale, per andare avanti ha dovuto adattarsi per trovare
in fretta gente capace (precaria, assunta a tempo o proveniente
dall'esterno della PA) di evitare che i dirigenti griffati (quelli
con la parentela o la parrocchia politica giusta) mandassero del
tutto a fondo lo Stato.
PER FORTUNA CHE LA DIRIGENZAE'
PRECARIA, ALTRIMENTI L'ITALIA SAREBBE OGGI DEL TUTTO SUCCUBE DI UNA
DITTATURA BUROCRATICA.
LA CLASSE POLITICA, ELETTA DAI
CITTADINI (AL CONTRARIO DI QUELLO CHE E' SEMPRE STATO PER I
DIRIGENTI) E' QUELLACHE DEVE SAPER SCEGLIERE UNA DIRIGENZA
FUNZIONALE A REALIZZARE LA VOLONTA' DELL'ELETTORATO IN UN TEMPO
DETERMINATO E CONTROLLABILE E NON A COSTRUIRE PER SE', CON I SOLDI
PUBBLICI, VILLE, CASTELLI O FEUDI ETERNI, COME ACCADE OGGI.
E' LA POLITICA, ALTRIMENTI A RISCHIARE
DI DIVENTARE SERVA DI UNA DIRIGENZA IRRESPONSABILE E ONNIPOTENTE,
DELLE SUE INDEBITE PRESSIONI, ACCOMPAGNANDOCI VERSO UN FUTURO
ILLIBERALE E ANTIDEMOCRATICO.
Abbiamo bisogno di una Pubblica
Amministrazione che venga azzerata e ri-proggettata daccapo, con
dirigenti non stabili ma sempre sotto esame (come gli allenatori di
calcio) perchè solo così i risultati possono essere raggiunti. A
tempo comunque determinato , applicando lo Spoils System, eliminando
il valore legale del titolo di studio, di cui siano accertati
preventivamente le reali capacità e conoscenze in maniera diversa
dagli attuali concorsi che hanno prodotto il disastro che conosciamo,
dipendenti dalla volontà popolare, premiati in caso stronchino
comportamenti illegali al di sopra o al di sotto di loro.
Ci dispiace per i governi presenti e
passati ma i più recenti provvedimenti di legge in materia sono o
inutili o dannosi. Non serve né demonizzarli né prostrarsi innanzi
ad essi (come sta accadendo da parte delle altre organizzazioni della
dirigenza).
Nessun governo può mettere le mani
nella questione per il semplice fatto che le stesse rischiano di
essere tagliate da una burocrazia sempre più potente e indisturbata.
La stessa nostra concorrenza sindacale
sta facendo una patetica figura, cercando di assecondare, in maniera
miope, o i vecchi dinosauri infastiditi o i giovani rampanti che
attraverso gli incarichi precari hanno cominciato ad annusare
l'arrosto o quelli che si illudono da una vita di diventare un giorno
dirigenti e si domandano “perchè noi ancora no?”.
Da anni si dice che il segreto per
avere una pubblica amministrazione più efficiente sia quello di
assumere i migliori, offrendo loro stipendi più alti o la garanzia
dell'inamovibilità.
Risultato è stato: promozione in
blocco, a metà degli anni Novanta, della vecchia classe dirigente
burocratica reclutata sappiamo come, pensioni d'oro scandalose,
afflusso dall'esterno di mediocri incapaci di sostenere la
concorrenza del settore privato che una volta entrati puntano i piedi
e non vogliono più uscire perchè sanno che dal di fuori nessuno li
vorrebbe più.
Basta con le stabilizzazioni dei
raccomandati, basta con le pagelle artefatte, basta con le riserve
dei posti, basta con i falsi concorsi.
E' necessario che i dirigenti e gli
aspiranti tali queste cose le capiscano e presto e si muovano per
cambiare nella direzione da noi proposta, altrimenti la cittadinanza
e l'elettorato potrebbero stancarsi e pensare che non sia poi così
necessario che la Pubblica Amministrazione abbia dei “dirigenti”
che costano così tanto e producono tutti questi guai.
E allora si che rischieremmo di buttare
via l'acqua sporca col bambino dentro!
ADIR-AGL
Alleanza Manager,
Professionisti, Alte Professionalità, Quadri, Dirigenti Pubblici e
Privati aderente all'AGL
venerdì 18 ottobre 2013
ASSEGNATO AD ANDREA BENZI , STORICO ED AVVOCATO IN MILANO, IL PRESTIGIOSO RICONOSCIMENTO “AMBASCIATORI DELLA FAME”
Ambasciatori della fame (1892), olio su tela, cm 51,5x73,
collezione privata
http://www.zavagli.it/giuseppe_pellizza_da_volpedo.htm
Mercoledì 23 ottobre 2013, a Corridonia (MC) si terrà la 3^ “Giornata Nazionale del Sindacalismo”. Durante l'evento, che mira a valorizzare ogni aspetto del ruolo sindacale senza alcuna preclusione, viene assegnato il riconoscimento “Ambasciatori della fame” che prende il nome dal dipinto di Giuseppe Pelizza da Volpedo (il dipinto anticipa e annuncia il più famoso “Quarto Stato”).Quest'anno il riconoscimento verrà assegnato, tra gli altri, allo storico Andrea Benzi, avvocato in Milano e Segretario Nazionale della ANVG Associazione Nazionale Volontari di Guerra, che ha avuto la capacità e il merito di curare le opere del grande sindacalista FILIPPO CORRIDONI. Il Convegno avrà per titolo : “Il lavoro umano:chiave essenziale di tutta la questione sociale”.
http://it.wikipedia.org/wiki/Filippo_Corridoni
Per leggere le opere di Filippo Corridoni curate da Andrea Benzi , clicca sul seguente link:
http://roberto-fasciani.blogspot.it/2013/10/per-procurarsi-le-opere-di-del-grande.html
http://www.zavagli.it/giuseppe_pellizza_da_volpedo.htm
Mercoledì 23 ottobre 2013, a Corridonia (MC) si terrà la 3^ “Giornata Nazionale del Sindacalismo”. Durante l'evento, che mira a valorizzare ogni aspetto del ruolo sindacale senza alcuna preclusione, viene assegnato il riconoscimento “Ambasciatori della fame” che prende il nome dal dipinto di Giuseppe Pelizza da Volpedo (il dipinto anticipa e annuncia il più famoso “Quarto Stato”).Quest'anno il riconoscimento verrà assegnato, tra gli altri, allo storico Andrea Benzi, avvocato in Milano e Segretario Nazionale della ANVG Associazione Nazionale Volontari di Guerra, che ha avuto la capacità e il merito di curare le opere del grande sindacalista FILIPPO CORRIDONI. Il Convegno avrà per titolo : “Il lavoro umano:chiave essenziale di tutta la questione sociale”.
http://it.wikipedia.org/wiki/Filippo_Corridoni
Per leggere le opere di Filippo Corridoni curate da Andrea Benzi , clicca sul seguente link:
http://roberto-fasciani.blogspot.it/2013/10/per-procurarsi-le-opere-di-del-grande.html
PER PROCURARSI LE OPERE DEL GRANDE SINDACALISTA FILIPPO CORRIDONI CURATE DA ANDREA BENZI...
...Inviate alla e-mail dell'AGL
agl.alleanzageneraledellavoro@gmail.com
la vostra richiesta completa di nome, cognome, indirizzo, paese,
numero di telefono, codice fiscale per ricevere il pacco in
contrassegno.
Prezzi :
La prima pubblicazione organica degli scritti di Filippo Corridoni (1887-1915), il sindacalista rivoluzionario che aderì all’interventismo e morì eroicamente in guerra in un assalto alla Trincea delle Frasche. L’attualità del pensiero corridoniano nell’odierno contesto economico e sociale.
Dopo la pubblicazione degli scritti politici e sindacali di Filippo Corridoni (“Come per andare più avanti ancora”, Società Editrice Barbarossa di Milano), il passo editoriale successivo porta alla pubblicazione di quanto resta del carteggio corridoniano, proseguendo quindi lo sforzo per restituire al pubblico nazionale una raccolta il più possibile completa di tutto quanto ha lasciato di scritto il sindacalista soldato. Per la stessa casa editrice milanese è uscito infatti, curato da Andrea Benzi, il volume “..per le mie idee” (Lettere, frammenti epistolari, cartoline dal fronte): non solo un contributo fondamentale per leggere la vita dell’ “arcangelo sindacalista”, attraverso il percorso intimo che sempre la corrispondenza è in grado di svelare, dai tempi della giovinezza alla tragica ed eroica morte sui campi di battaglia, ma anche una testimonianza scritta della storia italiana dal 1904 al 1915, storia del movimento sindacale, storia politica, storia economica, sociale e di costume. Un crescendo da tragedia è suscitato dalla lettura di queste lettere, frammenti, brevi e significative cartoline militari, commoventi prove dell’Italia che poneva le proprie basi nel XX secolo, con le sue lotte per la sua definitiva unificazione politica e territoriale, con le azioni sindacali per i diritti, la dignità e l’etica del lavoro, con le guerre per acquisire il suo nuovo ruolo e la sua completa sovranità nel contesto europeo e mondiale, risultati questi, tutti scaturiti dal sangue e dal sacrificio di intere generazioni, dal confronto talvolta anche fratricida delle opposte fazioni politiche e sociali. Dalla gioventù marchigiana e dall’accenno ad uno sfortunato amore nella nativa Pausula, dal 1931 rinominata Corridonia, alle lettere narranti l’incessante azione sindacale a Milano e Bologna, alle cartoline militari scritte dalle trincee del Carso o da qualche provvisorio accantonamento in prossimità del fronte, questa raccolta, purtroppo frammentaria, è tuttavia sufficiente a darci una piena e compiuta idea dell’autore, della sua vita, delle sue passioni e dei suoi pensieri, nonché ci apre alcuni squarci della vita italiana di quegli anni con i suoi protagonisti, destinati a recitare in seguito un ruolo di primissimo piano nelle vicende politiche nazionali, come Benito Mussolini ed Alceste De Ambris, futuro Duce e capo del fascismo il primo, futuro capo di gabinetto di D’Annunzio a Fiume e sostenitore del primo antifascismo il secondo. Qui e là poi, alle lettere ed alle cartoline più “impegnate”, si affiancano altre note di una straordinaria “normalità”, che parlano della vita di tutti i giorni, della famiglia, del lavoro, di piatti di tagliatelle e di vino, veri e propri interstizi o sfondi in cui si sviluppa l’incredibile avventura terrena di Filippo Corridoni, grandissimo eroe umano, prima che eroe sindacalista e soldato. Tutto appare sorretto dall’idealismo più puro e dalla profonda sincerità del personaggio, tutto tende ad un?esasperazione tragica, degna di un moderno guerriero omerico, tutto spinge e trascina, in un’impennata esponenziale di ineguagliabile drammaticità, al momento cruciale della morte violenta in battaglia, cui l’eroe appare quasi consapevolmente predestinato da una vita troppo “dedicata” agli altri ed all’idea, troppo permeata dell’etica del sacrificio: così quel 23 ottobre 1915 muore Filippo Corridoni, in faccia agli Austriaci, esponendosi al loro fuoco. Tutto è in lui impegno, volontà, accettazione di un tragico destino, ma tutto è anche entusiasmo, coraggio, amore e amicizia, dolore sprezzante, talvolta lamento e scoramento, persino impulso politico e rivalità, gelosia ed ambizione, ironia e felicità, come è tipico del combattente integrale che, suo malgrado e per fortuna, vive il suo destino di uomo, agisce e soffre senza tuttavia mai perdersi d’animo, senza mai dimenticare la meta, dando tutto sé stesso.
Prezzi :
- F.Corridoni “Il fuoco sacro della rivolta” Ed. Seb,
Anno: 2006, Pagine: 360
euro 20,00
- F.Corridoni “Come per andare più avanti ancora” , Ed.
Seb, Anno: 2001 Pagine: 284
euro 18,50
- F.Corridoni “Per le mie idee”, Ed. Seb, Anno: 2oo3,
Pagine: 225
euro 15,00
- offerta speciale: tutti e tre i volumi 35,00 euro.
oltre spese postali (pacco ordinario in contrassegno con il servizio postale)
- F.Corridoni “Il fuoco sacro della rivolta”
F.Corridoni “Come per andare più
avanti ancora”
La prima pubblicazione organica degli scritti di Filippo Corridoni (1887-1915), il sindacalista rivoluzionario che aderì all’interventismo e morì eroicamente in guerra in un assalto alla Trincea delle Frasche. L’attualità del pensiero corridoniano nell’odierno contesto economico e sociale.
F.Corridoni “Per le mie idee”
Dopo la pubblicazione degli scritti politici e sindacali di Filippo Corridoni (“Come per andare più avanti ancora”, Società Editrice Barbarossa di Milano), il passo editoriale successivo porta alla pubblicazione di quanto resta del carteggio corridoniano, proseguendo quindi lo sforzo per restituire al pubblico nazionale una raccolta il più possibile completa di tutto quanto ha lasciato di scritto il sindacalista soldato. Per la stessa casa editrice milanese è uscito infatti, curato da Andrea Benzi, il volume “..per le mie idee” (Lettere, frammenti epistolari, cartoline dal fronte): non solo un contributo fondamentale per leggere la vita dell’ “arcangelo sindacalista”, attraverso il percorso intimo che sempre la corrispondenza è in grado di svelare, dai tempi della giovinezza alla tragica ed eroica morte sui campi di battaglia, ma anche una testimonianza scritta della storia italiana dal 1904 al 1915, storia del movimento sindacale, storia politica, storia economica, sociale e di costume. Un crescendo da tragedia è suscitato dalla lettura di queste lettere, frammenti, brevi e significative cartoline militari, commoventi prove dell’Italia che poneva le proprie basi nel XX secolo, con le sue lotte per la sua definitiva unificazione politica e territoriale, con le azioni sindacali per i diritti, la dignità e l’etica del lavoro, con le guerre per acquisire il suo nuovo ruolo e la sua completa sovranità nel contesto europeo e mondiale, risultati questi, tutti scaturiti dal sangue e dal sacrificio di intere generazioni, dal confronto talvolta anche fratricida delle opposte fazioni politiche e sociali. Dalla gioventù marchigiana e dall’accenno ad uno sfortunato amore nella nativa Pausula, dal 1931 rinominata Corridonia, alle lettere narranti l’incessante azione sindacale a Milano e Bologna, alle cartoline militari scritte dalle trincee del Carso o da qualche provvisorio accantonamento in prossimità del fronte, questa raccolta, purtroppo frammentaria, è tuttavia sufficiente a darci una piena e compiuta idea dell’autore, della sua vita, delle sue passioni e dei suoi pensieri, nonché ci apre alcuni squarci della vita italiana di quegli anni con i suoi protagonisti, destinati a recitare in seguito un ruolo di primissimo piano nelle vicende politiche nazionali, come Benito Mussolini ed Alceste De Ambris, futuro Duce e capo del fascismo il primo, futuro capo di gabinetto di D’Annunzio a Fiume e sostenitore del primo antifascismo il secondo. Qui e là poi, alle lettere ed alle cartoline più “impegnate”, si affiancano altre note di una straordinaria “normalità”, che parlano della vita di tutti i giorni, della famiglia, del lavoro, di piatti di tagliatelle e di vino, veri e propri interstizi o sfondi in cui si sviluppa l’incredibile avventura terrena di Filippo Corridoni, grandissimo eroe umano, prima che eroe sindacalista e soldato. Tutto appare sorretto dall’idealismo più puro e dalla profonda sincerità del personaggio, tutto tende ad un?esasperazione tragica, degna di un moderno guerriero omerico, tutto spinge e trascina, in un’impennata esponenziale di ineguagliabile drammaticità, al momento cruciale della morte violenta in battaglia, cui l’eroe appare quasi consapevolmente predestinato da una vita troppo “dedicata” agli altri ed all’idea, troppo permeata dell’etica del sacrificio: così quel 23 ottobre 1915 muore Filippo Corridoni, in faccia agli Austriaci, esponendosi al loro fuoco. Tutto è in lui impegno, volontà, accettazione di un tragico destino, ma tutto è anche entusiasmo, coraggio, amore e amicizia, dolore sprezzante, talvolta lamento e scoramento, persino impulso politico e rivalità, gelosia ed ambizione, ironia e felicità, come è tipico del combattente integrale che, suo malgrado e per fortuna, vive il suo destino di uomo, agisce e soffre senza tuttavia mai perdersi d’animo, senza mai dimenticare la meta, dando tutto sé stesso.
domenica 13 ottobre 2013
EXPO 2015: LA FOGLIA DI FICO DEI SINDACATI CONFEDERALI E’ TRASPARENTE
E’ con profonda delusione che stiamo assistendo , in questi
mesi che ci stanno avvicinando all’Expo 2015, alla squallida e piatta
convergenza di ogni forza politica su un ‘ uniforme vulgata riguardante i
presunti benefici occupazionali di questa manifestazione.
Chi ancora perde tempo a seguire le occasioni pubbliche in
cui compaiono i politici avrà notato come questi siano assidui e immancabili
frequentatori delle innaugurazioni, di qualsiasi opera si tratti, fosse pure di
un nuovo vespasiano di plastica in un giardinetto pubblico.
E’ frutto cio’ della deteriore americanizzazione all’italiana
della vita politica, nella quale la scadenza elettorale e la poltrona da
occupare pro tempore sono diventate tutto.
E l’expo 2015 non sta sfuggendo a questa regola. Ci
piacerebbe prendercela solo con i politici, ma non puo’ bastare, poiche’ i
sindacati confederali sono da tempo in prima fila in questa messa in scena.
Sarebbe facile, quasi come sparare sulla croce rossa,
esprimere timori su quali garanzie possa dare un governo regionale diretto da
una forza politica che sappiamo quali prove abbia dato di saper essere davvero
impermeabile alle infiltrazioni della criminalita’ organizzata.
Ma anche se volessimo dare a questo assetto di governo una
seconda chance, non ci pare sia poi stata operata una netta cesura in relazione
alla travagliata storia avuta dall’apparato politico chiamato a gestire
commissarialmente l’organizzazione della manifestazione. Non possiamo, ad
esempio, dimenticare che le cose dal 2008 hanno cominciato a muoversi solo a partire da quando
, nel 2013 l’attuale amministratore ha visto venir meno la presenza di un
commissario generale pluriindagato per un lungo periodo e nonostante questo
rimasto in sella.
Ma non intendiamo imbastire la solita polemica sul fatto che
determinati appalti siano stati comunque, nonostante le buone intenzioni,
inquinati dalla presenza di entità imprenditoriali oggetto tuttora di
accertamenti da parte dell’autorità giudiziaria.
I posti di lavoro, come il denaro, non profumano. Potrebbe
scaturire buona occupazione anche per opera di imprese discutibili. L’importante
e’ che quando determinati imprenditori vengono arrestati il soggetto pubblico
non pensi solo a metterli in galera e a sequestrare ma a mettere in condizione
nuovi soggetti puliti di subentrare e far ripartire i lavori, nell’interesse
anche del mantenimento dei livelli occupazionali.
E qui e’ il primo punto storicamente debole della politica e
del sindacalismo italiano, incapace di far pesare la propria forza per
impedire, ad esempio, che quando questi obbligati passaggi di mano debbano
avvenire cio’ accada nella certezza dell’assenza di conflitti di interesse.
Facendo quindi pensar male ossia immaginare che qualche prudenza sia dettata da
legami non chiari con le precedenti gestioni improvvisamente interrotte dall’intervento
della Magistratura. L’esempio dell’ILVA e’ fin troppo vicino ed istruttivo.
Cosa non ci piace dell’intervento sindacale che ha prodotto la
firma a fine luglio tra Expo 2015 e Triplice sindacale del protocollo sul Sito
Espositivo che frutterà i seguenti posti di lavoro: 340 apprendisti, 195 stagisti
e 18.500 volontari?
Non tanto il realismo. Sappiamo bene che e’ dovere di
qualsiasi sindacalista, nelle condizioni date, adoperarsi affinche’ qualcosa si muova. Meglio anche
pochi posti di lavoro, anche se precari, che il deserto assoluto e la
delocalizzazione che poi significa sfruttamento di altri lavoratori.
Ma qui si e’ davvero esagerato e in maniera scandalosa. L’adozione
di quelle tipologie di impiego e solo di quelle snatura ogni visione avanzata
di possibile flessibilità finalizzata a una visione moderna del processo di
entrata dei giovani nel mondo del lavoro.Il messaggio ò chiaro: i contributi se
possibile non vanno pagati, a beneficio delle aziende, qualunque cosa
combinino, e anche a scapito dei lavoratori.E significa mettere la firma su un
ben preciso concetto: e’ possibile creare nuove occasioni di lavoro solo
tollerando il lavoro nero legalizzato. E’ vero, non c’e’ la firma “diretta”delle
Istituzioni, sotto quel protocollo. Non ce la possiamo in teoria prendere con
nessun responsabile politico. Ma e’ anche peggio: in pratica , con la
riproposizione di un vecchio cavallo di battaglia di certo sindacalismo “i
problemi li risolvano le parti sociali e il governo se ne stia fuori” di fatto
condiviso da forze politiche, di maggioranza e di opposizione, e’ tutto il
sistema che ha dato l’avallo politico alla fine del diritto del lavoro. Perche’
d’ora in poi le leggi regoleranno il nulla (il lavoro che non c’e’) e gli
accordi tra i sindacati complici il lavoro nero, l’unico che conviene e piace
alle aziende.
Da ultimo ci domandiamo come mai da una parte i sindacati
seppelliscano le norme sul lavoro e dall’altra gli stessi partecipino a
manifestazioni politico-partitiche a sostegno dell’art. 1 della costituzione.
Forse questa Costituzione piace cosi’ tanto a loro perche’ finora gli ha
consentito impunemente di creare tanti danni alle categorie che dovrebbero
difendere? O perche’ si sentono tutelati meglio, nei loro interessi da un
articolo fantasma (il 39) che inapplicato e’ meglio che lo rimanga il piu’ a
lungo possibile?
E poi, cari colleghi dei sindacati confederali, come mai le
vostre proposte contro la disoccupazione giovanile contemplano solo mega
assunzioni pubbliche che mai si realizzeranno (per gli evidenti problemi di
finanza pubblica) e non invece una precisa critica e proposta alternativa nei
confronti di un modello di sviluppo (quello dei grandi eventi come l’Expo 2015
o la TAV o le Olimpiadi presenti e future) che non ha potuto e non potra’ assicurare
ne’ uno sviluppo sostenibile ne’ (anche volendo essere minimalisti),tantomeno,
stabile e buona occupazione?
Ma ormai la frittata e’ fatta, a Milano. Sappiano i
lavoratori, anche quelli che lavoreranno a termine in Expo, che quei sindacati
firmatari sono rappresentativi, si, ma solo delle rersponsabilità nel disastro
esistenziale che vi procureranno. E che, grazie a dio, non esauriscono di certo
il panorama del futuro sindacalismo italiano, dal passato glorioso.
Etichette:
AGL Lombardia,
AGL Milano,
Cgil,
Cisl,
Expo 2015,
Grandi Opere,
Olimpiadi,
precari,
TAV,
Uil
Iscriviti a:
Post (Atom)